Filippo De Pisis (1896-1956)

Ritratto di fanciullo

Details
Filippo De Pisis (1896-1956)
Ritratto di fanciullo
firmato e datato in basso a destra De Pisis '26
olio su cartone pressato
cm 60,5x53
Eseguito nel 1926
Opera archiviata presso l'Associazione per il Patrocinio e lo Studio dell'opera di Filippo De Pisis, Milano, n. 01234

Lot Essay

Sul verso disegno, pastelli, iscritto G. de Chirico 1929, Paris

Il dipinto, finora, inedito, una preziosa aggiunta al catalogo di Filippo De Pisis. Datato 1926, venne eseguito durante il prolungato soggiorno dell'artista a Parigi, iniziato nel 1925 e protrattosi fino al 1938. Dopo pi di cinque anni passati a Roma, De Pisis trova a Parigi un ambiente molto pi ricco e stimolante, sia sotto il profilo aritistico che culturale.
Finalmente ha occasione di visitare il Louvre e gli altri musei francesi, dove rimane colpito soprattutto dalle opere di Delacroix e di Goya, di frequentare artisti e gallerie parigine e anche di riannodare i rapporti con alcuni amici italiani, primi fra tutti Alberto Savinio e Giorgio de Chirico che scrive la prefazione della mostra di De Pisis tenutasi proprio nel 1926 presso la galleria Art Sacr du Printemps. L'incontro con i pittori impressionisti e lo studio prolungato sulle opere dei grandi maestri del passato incidono profondamente sullo stile del giovane pittore ferrarese. La tavolozza si fa pi accesa e vivace, il colore viene steso " plat", seguendo la tecnica introdotta per la prima volta da Manet e poi ripresa e sviluppata sopratutto da Matisse, e la pennellata si fa sempre pi rapida e guizzante. Osservando questo dipinto, si capisce come Giovanni Comisso rimanesse profondamente colpito dalla velocit esecutiva di De Pisis. I contorni della figura, dagli incarnati teneri e rosati, sono abbozzati con ampie pennellate, che la descrivono in modo sommario ma estremamente efficace, e la descrizione del contesto ambientale ancor pi sintetica ed evocativa. Come nel celebre Ragazzo sulla spiaggia del 1927 (Milano, collezione privata, cfr. Briganti, n. 1927 104), il supporto su cui steso il colore viene lasciato appositamente visibile e contribuisce in modo non trascurabile all'effetto finale del dipinto.
L'accostamento di colori complementari, riscontrabile sullo sfondo, denota l'attenzione per le ricerche portate avanti dagli impressionisti e dai postimpressionisti, mentre l'uso del colore nero, ricorrente in molte opere di questo periodo, un omaggio a Goya e Manet, due degli artisti che De Pisis maggiormente apprezzava.
In uno scritto del 1946, destinato a replicare un attacco polemico, De Pisis afferma: Se il mio mestiere facile, perch un diuturno studio del nudo mi ha messo in possesso del disegno e il senso del colore un dono con il quale si nasce, come un tenore la voce, la mia arte proprio l'opposto che facile, Amara, sensuale, triste, qualche volta villente e perversa, ma mai e poi mai facile. Pur essendo inserite in altro contesto, queste parole si addicono perfettamente al dipinto in questione.

L'opera apparteneva alla collezione di Curzio Malaparte, lo scrittore legato a De Pisis da un rapporto di stima e di fraterna amicizia. In una lettera datata 7 luglio 1932 e pubblicata nell'epistolario di Malaparte, De Pisis allude a due opere comprategli dall'amico e sottolinea le condizioni particolarmente favorevoli fatte all'amico: ITi ho lasciato le due tele che hai scelto. Non parlammo del prezzo: per te, che sei ormai un mecenate della pittura italiana moderna far un prezzo del tutto eccezionale 800 franchi le due. Va bene? Il pastello di de Chirico te lo offro graziosamente. E' probabile che l'opera in questione possa essere una di quelle citate nella lettera.

Insieme ad una Natura Morta metafisica del 1931, infatti, il Nudo l'unico De Pisis presente nella collezione. Tale identificazione potrebbe essere suffragata dal fatto che al retro del dipinto si trova un pastello con in basso a destra la scritta G. d [sic] Chirico, Paris, 1925. Dati i rapporti intercorsi fra De Pisis e de Chirico, che per un breve periodo condividono lo studio di rue Bonaparte a Parigi, si potrebbe pensare che De Pisis abbia eseguito il dipinto su un cartone che recava al retro un abbozzo di de Chirico. Il pastello, che raffigura due nudi femminili, infatti molto affine a due opere di de Chirico del 1926 (cfr. M. Fagiolo-P. Baldacci, de Chirico, gli anni di Parigi, ed. Daverio, n. 60/61, p. 496). L'ipotesi, per quanto suggestiva e storicamente plausibile, non per confermabile dopo un attento esame dello stile. Secondo Maurizio Fagiolo dell'Arco (comunicazione verbale), la firma di de Chirico apocrifa infatti non completa (G. d Chirico) e lo stile non riconducibile alla mano di de Chirico. A parere dello studioso il pastello potrebbe essere opera dello stesso De Pisis. Si tratterebbe di una sorta di divertimento letterario, in cui il giovane artista ferrarese si confronta in modo ironico e scherzoso come ha fatto altre volte in questi stessi anni con lo stile dell'ormai celebre amico e ne imita lo stile e la firma. In opere coeve di De Pisis non mancano infatti precise citazioni da opere di de Chirico, a dimostrazione del fatto che il pittore ferrarese, soprattutto in questi anni, si confronta continuamente con il fondatore della metafisica.