Lot Essay
Questo dipinto è eseguito mediante la tecnica dell'affresco. Il recupero di questa tecnica avviene nel periodo compreso fra le due guerre, quando molti artisti italiani si accostano con rinnovato interesse alla pittura italiana del Trecento e del primo Quattrocento. Massimo Campigli, Gino Severini e Mario Sironi si cimentano nel corso degli anni Trenta e Quaranta nell'esecuzione di grandi cicli affrescati, destinati ad edifici pubblici, che avevano una funzione decorativa e insieme propagandistica. A differenza di altri artisti a lui contemporanei, Campigli utilizza questa tecnica anche in dipinti di piccole dimensioni, come quello che viene qui presentato, a dimostrazione del fatto che nel suo caso si tratta di una precisa scelta stilistica e non soltanto di una necessità imposta dalla committenza. Oltre alla pittura del XIV e XV secolo, in questi anni inizia a ristudiare con passione l'arte antica, anche sulla scorta delle nuove scoperte archeologiche. Particolarmente importante, per il giovane Campigli, fu la visita al Museo di Villa Giulia a Roma, avvenuta nel 1928. In questa occasione egli rimase letteralmente "folgorato" dall'arte etrusca, di cui ebbe modo di apprezzare soprattutto la freschezza e la spontaneità in campo ritrattistico. Il 1928 costituisce quindi uno sfondo fondamentale all'interno del suo percorso. A partire da quest'anno egli abbandona le composizioni astratte e geometriche degli anni precedenti, legate alla Metafisica e al Purismo francese (si veda, ad esempio, la Natura morta con astrolabio, lotto n. 311), e mette a punto quel linguaggio originale, in bilico fta passato e presente, che diventerà la sua sigla inconfondibile. Eseguito nel 1931, a poche anni da questo decisivo cambio di rotta, il dipinto in questione è probabilmente un ritratto, anche se - come capita sovente - la fisionomia di questa giovane donna è fortemente idealizzata. Non è sufficiente istituire un paragone fra questo ritratto e le tavolette del Fayum, conservate presso i Musei Vaticani, dove Campigli era solito recarsi per studiare l'arte antica, nelle quali si può riscontrare lo stesso grado di trasposizione del dato naturalistico in uno schema astratto e rigorosamente simmetrico. Da questa stessa fonte dipende anche l'altro dipinto qui presentato, eseguito su un supporto in terracotta. Anche in questo caso la tecnica usata da Campigli è un omaggio deliberato all'arte antica. L'impressione di trovarsi di fronte ad un reperto archeologico è poi ulteriormente rafforzata dal formato irregolare dell'opera. A differenza di molti suoi contemporanei, e segnatamente di alcuni esponenti del Novecento italiano, il recupero dell'arte classica operato dall'artista non ha nulla di scolastico o di accademico. L'arte antica non costituisce un modello da imitare in modo pedissequo, nè un serbatoio di immagini da saccheggiare a proprio piacimento, ma un luogo dove ritrovare alcune delle leggi fondamentali che presiedono la creazione artistica. Per questo motivo, pur essendo imbevuti di rimandi classici, le sue opere non hanno mai il sapore di un recupero filologico, ma piuttosto di una rivisitazione fresca e spontanea, fatta con molto candore e non senza una piccola dose di ironia.