Lot Essay
Alla fine degli anni Quaranta Alberto Burri inizia a sperimentare nuove soluzioni formali, decisamente più avanzate ed innovative rispetto alla cultura figurativa dominante in Italia, tutta incentrata sul dibattito fra astratto e figurativo. Come dimostra il dipinto che qui presentiamo, eseguito nel 1949, Burri ha una posizione autonoma all'interno del panorama artistico italiano. Il suo linguaggio, rigorosamente astratto, ha infatti ben poco a che spartire sia con il picassismo che allora imperava in Italia, sia con l'astrattismo così come viene proposto, proprio nello stesso giro di anni, dagli artisti del "M.A.C." e da quelli appartenenti al "Gruppo degli Otto" (Birolli, Vedova, Moreni, Morlotti, Afro, Turcato, Santomaso, Corpora). Nelle sue opere si avverte semmai un ritorno all'esempio dei grandi maestri del Surrealismo, primo fra tutti Mirò, quegli stessi artisti che costituiscono un punto di partenza imprescindibile per l'action painting americana. Credo che proprio in questa direzione debba essere letto questo dipinto, tutto incentrato sull'andamento della linea, che spazia sulla superficie senza seguire un andamento prestabilito, tracciando sul piano di fondo un solco incisivo e volutamente slegato da qualsiasi schema razionale. In questa direzione, d'altra parte, si stavano muovendo negli stessi anni alcuni dei protagonisti principali dell'Informale europeo (Wols e Pollock), di cui Burri potè forse ammirare le opere esposte presso la Galleria del Naviglio di Milano rispettivamente nel 1949 e nel 1950. Queste intenzioni espressive vengono esplicitate in modo chiaro e definitivo nel 1950, quando Burri, insieme a Ballocco, Colla, Capogrossi, dà vita al Gruppo Origine. Com'è noto questo sodalizio sarà molto breve. Può comunque essere utile, ai fini di inquadrare con chiarezza questo momento fondamentale del percorso di Burri, rileggere l'introduzione al catalogo della mostra tenutasi alla Galleria Origine nel 1951. Oltre a definire il superamento dell'astrattismo, "avvertito ormai come problema artistico risolto e concluso", gli estensori di questo testo professano la "rinunzia stessa ad una forma scopertamente tridimensionale" e affermano: "nella riduzione del colore alla sua funzione espressiva più semplice, ma perentoria ed incisiva; nella evocazione di nuclei grafici, linearismi e immagini pure elementari, gli artisti del Gruppo esprimono la necessità stessa di una visione rigorosa, coerente, ricca di energia, ma primariamente, antidecorativa. Credo che queste parole possano essere il più efficace commento per entrambe le opere qui presentate: quella del 1949, dominata ancora da "grafismi e linearismi" tutti giocati in superficie, ma anche quella del 1951, dove inizia a manifestarsi peraltro quell'interesse per la materia in quanto forma espressiva che sarà poi il filo conduttore di tutta l'opera di Burri. Il libero andamento della linea si sposa infatti con una precisa attenzione per le sue caratteristiche intrinseche: il colore gocciola con noncuranza sulla superficie della tela, a sua volta preparata con uno strato di catrame, quasi che l'artista volesse non soltanto sottolineare il contrasto fra due materiali così diversi, ma sfruttarlo consapevolmente a fini espressivi. Su questa linea si svolgerà poi tutta la ricerca di Burri, in un continuo e incessante processo di sperimentazione che lo porterà a sfruttare via via le tecniche e i materiali più disparati.