Giovan Battista Ruoppolo (Napoli 1629-1693)
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Giovan Battista Ruoppolo (Napoli 1629-1693)

Anguria, zucca, uve, mele, fichi e altri frutti

Details
Giovan Battista Ruoppolo (Napoli 1629-1693)
Anguria, zucca, uve, mele, fichi e altri frutti
olio su tela
103 x 129.5 cm.
Special notice
Where there is no symbol Christie's generally sells lots under the Margin Scheme. The final price charged to Buyer's for each lot, is calculated in the following way: 24% on the hammer price of the first € 150,000,00 18.5% on the hammer price for any amount in excess of € 150,000,00.

Lot Essay

Il presente dipinto mostra affinità tipologiche e di ductus rispetto ad opere di Giovan Battista Ruoppolo come la Natura morta con frutta a Napoli, Museo Nazionale di San Martino, e la Natura morta con ortaggi e amorino a Firenze, Collezione privata (cf. R. Middione in La natura morta italiana, a cura di F. Zeri e F. Porzio, Milano, 1989, II, p. 916, pp. 920-921, figg. 1111, 1113).
Per la deliberata congestione degli elementi di natura morta e per altri dettagli compositivi, un altro parallelo è possibile rispetto alla Natura morta con frutta a Napoli, Collezione privata (cf. R. Middione, cit., II, p. 916, fig. 1106).
Come già rilevato dalla storiografia artistica napoletana del Settecento, Giovan Battista Ruoppolo ebbe un ruolo importante nel passaggio della natura morta napoletana dalla fase naturalistica del primo Seicento alla sua dimensione barocca. Attivo sin dagli anni Quaranta del Seicento sia in dipinti di pesci, sia di verdura e fiori, Ruoppolo ebbe un gran numero di seguaci ed imitatori, ma continuò per tutta la sua carriera a distinguersene per la capacità di conferire un realismo pressoché inimitabile alle sue opere, spesso segnato - come gli effetti della polvere sulle uve - da autentiche vette di virtuosismo visuale.
Educato professionalmente in una famiglia di maiolicari, influenzato da maestri a lui pressoché coevi come Paolo Porpora e soprattutto Luca Forte, Ruoppolo ebbe anche momenti di tangenza con Giovan Battista e Giuseppe Recco, conobbe a fondo la natura morta romana a lui coeva, e nel 1684 fu reclutato dal Viceré di Napoli, il Marchese del Carpio nella fondamentale committenza collettiva di nature morte sue, di Giuseppe Recco, Abraham Brueghel e Francesco della Quosta, in cui Giordano inserì sue figure.
Per il formato orizzontale piuttosto esteso e l'assemblaggio tipicamente barocco degli elementi, che palesa uno stretto rapporto con le invenzioni di Abraham Brueghel, il presente dipinto potrebbe datarsi dopo il 1675, anno dell'arrivo a Napoli di quest'ultimo artista.