Lot Essay
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Questo eccezionale dittico rappresenta, anzitutto per la sua forma a L, un punto di svolta fondamentale nella carriera artistica di Emilio Vedova. L'artista , all'epoca dell'esecuzione dell'opera, giè riconosciuto come uno dei grandi maestri dell'Informale, nonchè il rappresentante più eminente in Italia della pittura gestuale. Dopo una irrequieta giovinezza e la partecipazione alla lotta antifascista, comincia nel dopoguerra a riscuotere un successo crescente, culminato nella sala personale offertagli nel 1960 dalla Biennale di Venezia che gli assegna in quell'anno anche il Gran Premio per la Pittura. La giuria di quella edizione era composta esclusivamente da studiosi internazionali che si pronunciano all'unanimità a favore di Vedova. L'ambito riconoscimento viene assegnato a Vedova proprio nella sua città un e sancisce l'affermazione della sua personalità pittorica. In quegli anni Vedova ha già affrontato diverse evoluzioni della sua pittura, superando le opere figurative e poi neocubiste della formazione con le tele astratto-geometriche dell'inizio degli anni Cinquanta, per arrivare a una scrittura libera e personale che lo accompagna nel corso del decennio e culmina nei grandi Cicli dell'inizio degli anni Sessanta. L'opera che presentiamo appartiene certamente, dal punto di vista stilistico, a questo periodo di creazione irrequieta e felice. Le larghe pennellate, i timbri squillanti del colore, gli inserti di materiali (in particolare collage di articoli di giornali), i contrasti vivissimi tra luci e ombre (non dimentichiamo che, accanto a quelli colorati, i dipinti in bianco e nero rappresentano una delle anime dell'opera di Vedova) sono tra i caratteri più riconoscibili delle opere del periodo.
In questo rarissimo dittico è però evidente un contributo ulteriore al percorso stilistico di Vedova, un elemento su cui l'artista non smetterà di riflettere negli anni successivi: l'apertura allo spazio. Il colore di Vedova ha sempre avuto profondità e spessore, rilievi e trasparenze ma la vicenda della sua pittura si svolge, fino a questi dipinti, su due dimensioni. Unendo due tele tramite cerniere, l'artista inaugura invece la stagione che porterà ai Plurimi, opere in cui Vedova trasferisce la sua incontenibile energia dalla superficie allo spazio. Non più soddisfatto dalla stesura bidimensionale, che comincia a considerare un limite, Vedova è pronto a muoversi nello spazio, lo affronta fisicamente, ottenendo un risultato che è destinato non solo a stare davanti allo spettatore, ma ad avvolgerlo e circondarlo. Le opere Plurime di Vedova -di cui i dipinti a L rappresentano le anticipazioni - sono in perfetta sintonia e sincronia con le ricerche sugli ambienti di altri artisti, che negli stessi anni ugualmente sperimentano e progettano esperienze totalmente avvolgenti. Queste opere si distendono liberamente nella terza dimensione, dominando non solo la vista dello spettatore, ma anche la sua percezione dello spazio. Vedova riflette su questi temi, lasciando riemergere anche un fondo barocco risalente alla sua formazione, una concezione estetica che prevede che l'opera d'arte sia un'esperienza di coinvolgimento totale, che abbracci e includa lo spettatore.
Le cerniere offrono, letteralmente, un grado di libertà all'artista, gli permettono di superare la staticità e la fissità definitiva della tela singola e introducono la possibilità di mutare nel tempo la collocazione, gli angoli e rapporti tra i due elementi. Ancora una volta riemerge la tematica dello "scontro di situazioni" cara a Vedova fin dall'inizio degli anni Cinquanta. I pannelli non stanno infatti uno di fronte all'altro muti, ma dialogano incessantemente, si riflettono, si influenzano e si modificano. L'introduzione nei dipinti della dualità (e in seguito della molteplicità) è fondamentale per Vedova in quanto permette il dialogo tra le parti e l'apertura, qui simboleggiata dall'apertura delle tele. Questo dipinto presenta dunque in nuce gli sviluppi futuri dell'opera di Vedova, incarnandoli con grande ricchezza di mezzi pittorici ma anche con una scabra purezza, senza concessioni al piacevole e al decorativo. La severità e il rigore caratteristici dell'artista veneziano affiorano infatti nel dittico, che celebra con una potenza primitiva l'emergere di idee che costituiranno il nucleo delle ricerche successive.
Le differenze tra i pannelli emergono nelle gamme di colori scelte. A Vedova non interessano le divisioni insuperabili, le contrapposizioni che non permettono scambi e confronti ed è per questo che le pennellate fluiscono liberamente da un pannello all'altro. Le personalità cromatiche dei due pannelli risultano però chiaramente distinte. Rosso cupo, giallo e un nero profondo sono gli accenti dominanti della parte destra; quella sinistra è invece più viva e luminosa, dominata da un rosso brillante e un bianco ghiaccio purissimo (certamente memori dei ghiacciai abbaglianti che l'artista amava).
La concezione dell'arte, in Vedova, drammatica, teatrale: i colori appaiono sulla ribalta del dipinto vivi e alti di gamma come illuminati da fortissimi riflettori da palcoscenico; le pennellate non restano inerti, ma mettono in scena "scontri di situazioni", che generano tensioni e liberano delle energie. La pittura dà forma alle aspirazioni di libertà, di rispetto della condizione umana, di solidarietà. A questo proposito il parallelo con il teatro pare particolarmente calzante per dipinti di questo periodo. Nel 1960 comincia infatti la collaborazione con un altro grande artista veneziano, il musicista Luigi Nono. Concittadini, entrambi membri del Partito Comunista, sono uniti da interessi comuni, da una visione similmente innovativa dell'arte e dell'impegno sociale. Nel 1960 Nono compone Omaggio a Vedova, ma è soprattutto la comune esperienza di Intolleranza 1960 ad unirli. Rappresentata alla Fenice di Venezia per la prima volta proprio nel 1961, con la direzione di Bruno Maderna, questa azione scenica provocò violente contestazioni e addirittura tafferugli. La carica innovativa straordinaria era legata allo stravolgimento delle convenzioni del teatro musicale, alla fortissima carica politica (temi dell'opera erano l'intolleranza razziale, lo sfruttamento dell'uomo, la lotta per la libertà e l'indipendenza) ma anche all'allestimento di Vedova: in sincronia coi suoni l'artista controlla una batteria di 9 proiettori da cui vengono proiettate immagini in movimento e lastrine dipinte. Appare chiaro come, in una delle operazioni di collaborazione culturale più avanzate del periodo, riemergano le stesse preoccupazioni e gli stessi interessi che portano alla creazione del dittico: la molteplicità, il dialogo tra parti diverse dell'opera, i contrasti simultanei, le necessità espressive, l'innovazione.
L'arte di Vedova è essenzialmente condivisione di valori e necessità di scambio: la personalità dell'uomo non può esistere e fortificarsi senza il dialogo e lo scontro, motivo per il quale non è né possibile né legittimo rinunciare alla dimensione politica e alla denuncia sociale. Egli concepisce la produzione artistica come l'esatto opposto della chiusura remissiva, dell'intimismo crepuscolare: obbligo e diritto della persona è l'espressione chiara e forte delle proprie convinzioni e dei propri sentimenti; obbligo e diritto dell'arte è la denuncia dell'oppressione e dell'ingiustizia. Coerenza e un intenso impegno morale e umano, insieme alla creazione di un universo pittorico straordinario, sono il più importante lascito di questo straordinario artista.
Questo eccezionale dittico rappresenta, anzitutto per la sua forma a L, un punto di svolta fondamentale nella carriera artistica di Emilio Vedova. L'artista , all'epoca dell'esecuzione dell'opera, giè riconosciuto come uno dei grandi maestri dell'Informale, nonchè il rappresentante più eminente in Italia della pittura gestuale. Dopo una irrequieta giovinezza e la partecipazione alla lotta antifascista, comincia nel dopoguerra a riscuotere un successo crescente, culminato nella sala personale offertagli nel 1960 dalla Biennale di Venezia che gli assegna in quell'anno anche il Gran Premio per la Pittura. La giuria di quella edizione era composta esclusivamente da studiosi internazionali che si pronunciano all'unanimità a favore di Vedova. L'ambito riconoscimento viene assegnato a Vedova proprio nella sua città un e sancisce l'affermazione della sua personalità pittorica. In quegli anni Vedova ha già affrontato diverse evoluzioni della sua pittura, superando le opere figurative e poi neocubiste della formazione con le tele astratto-geometriche dell'inizio degli anni Cinquanta, per arrivare a una scrittura libera e personale che lo accompagna nel corso del decennio e culmina nei grandi Cicli dell'inizio degli anni Sessanta. L'opera che presentiamo appartiene certamente, dal punto di vista stilistico, a questo periodo di creazione irrequieta e felice. Le larghe pennellate, i timbri squillanti del colore, gli inserti di materiali (in particolare collage di articoli di giornali), i contrasti vivissimi tra luci e ombre (non dimentichiamo che, accanto a quelli colorati, i dipinti in bianco e nero rappresentano una delle anime dell'opera di Vedova) sono tra i caratteri più riconoscibili delle opere del periodo.
In questo rarissimo dittico è però evidente un contributo ulteriore al percorso stilistico di Vedova, un elemento su cui l'artista non smetterà di riflettere negli anni successivi: l'apertura allo spazio. Il colore di Vedova ha sempre avuto profondità e spessore, rilievi e trasparenze ma la vicenda della sua pittura si svolge, fino a questi dipinti, su due dimensioni. Unendo due tele tramite cerniere, l'artista inaugura invece la stagione che porterà ai Plurimi, opere in cui Vedova trasferisce la sua incontenibile energia dalla superficie allo spazio. Non più soddisfatto dalla stesura bidimensionale, che comincia a considerare un limite, Vedova è pronto a muoversi nello spazio, lo affronta fisicamente, ottenendo un risultato che è destinato non solo a stare davanti allo spettatore, ma ad avvolgerlo e circondarlo. Le opere Plurime di Vedova -di cui i dipinti a L rappresentano le anticipazioni - sono in perfetta sintonia e sincronia con le ricerche sugli ambienti di altri artisti, che negli stessi anni ugualmente sperimentano e progettano esperienze totalmente avvolgenti. Queste opere si distendono liberamente nella terza dimensione, dominando non solo la vista dello spettatore, ma anche la sua percezione dello spazio. Vedova riflette su questi temi, lasciando riemergere anche un fondo barocco risalente alla sua formazione, una concezione estetica che prevede che l'opera d'arte sia un'esperienza di coinvolgimento totale, che abbracci e includa lo spettatore.
Le cerniere offrono, letteralmente, un grado di libertà all'artista, gli permettono di superare la staticità e la fissità definitiva della tela singola e introducono la possibilità di mutare nel tempo la collocazione, gli angoli e rapporti tra i due elementi. Ancora una volta riemerge la tematica dello "scontro di situazioni" cara a Vedova fin dall'inizio degli anni Cinquanta. I pannelli non stanno infatti uno di fronte all'altro muti, ma dialogano incessantemente, si riflettono, si influenzano e si modificano. L'introduzione nei dipinti della dualità (e in seguito della molteplicità) è fondamentale per Vedova in quanto permette il dialogo tra le parti e l'apertura, qui simboleggiata dall'apertura delle tele. Questo dipinto presenta dunque in nuce gli sviluppi futuri dell'opera di Vedova, incarnandoli con grande ricchezza di mezzi pittorici ma anche con una scabra purezza, senza concessioni al piacevole e al decorativo. La severità e il rigore caratteristici dell'artista veneziano affiorano infatti nel dittico, che celebra con una potenza primitiva l'emergere di idee che costituiranno il nucleo delle ricerche successive.
Le differenze tra i pannelli emergono nelle gamme di colori scelte. A Vedova non interessano le divisioni insuperabili, le contrapposizioni che non permettono scambi e confronti ed è per questo che le pennellate fluiscono liberamente da un pannello all'altro. Le personalità cromatiche dei due pannelli risultano però chiaramente distinte. Rosso cupo, giallo e un nero profondo sono gli accenti dominanti della parte destra; quella sinistra è invece più viva e luminosa, dominata da un rosso brillante e un bianco ghiaccio purissimo (certamente memori dei ghiacciai abbaglianti che l'artista amava).
La concezione dell'arte, in Vedova, drammatica, teatrale: i colori appaiono sulla ribalta del dipinto vivi e alti di gamma come illuminati da fortissimi riflettori da palcoscenico; le pennellate non restano inerti, ma mettono in scena "scontri di situazioni", che generano tensioni e liberano delle energie. La pittura dà forma alle aspirazioni di libertà, di rispetto della condizione umana, di solidarietà. A questo proposito il parallelo con il teatro pare particolarmente calzante per dipinti di questo periodo. Nel 1960 comincia infatti la collaborazione con un altro grande artista veneziano, il musicista Luigi Nono. Concittadini, entrambi membri del Partito Comunista, sono uniti da interessi comuni, da una visione similmente innovativa dell'arte e dell'impegno sociale. Nel 1960 Nono compone Omaggio a Vedova, ma è soprattutto la comune esperienza di Intolleranza 1960 ad unirli. Rappresentata alla Fenice di Venezia per la prima volta proprio nel 1961, con la direzione di Bruno Maderna, questa azione scenica provocò violente contestazioni e addirittura tafferugli. La carica innovativa straordinaria era legata allo stravolgimento delle convenzioni del teatro musicale, alla fortissima carica politica (temi dell'opera erano l'intolleranza razziale, lo sfruttamento dell'uomo, la lotta per la libertà e l'indipendenza) ma anche all'allestimento di Vedova: in sincronia coi suoni l'artista controlla una batteria di 9 proiettori da cui vengono proiettate immagini in movimento e lastrine dipinte. Appare chiaro come, in una delle operazioni di collaborazione culturale più avanzate del periodo, riemergano le stesse preoccupazioni e gli stessi interessi che portano alla creazione del dittico: la molteplicità, il dialogo tra parti diverse dell'opera, i contrasti simultanei, le necessità espressive, l'innovazione.
L'arte di Vedova è essenzialmente condivisione di valori e necessità di scambio: la personalità dell'uomo non può esistere e fortificarsi senza il dialogo e lo scontro, motivo per il quale non è né possibile né legittimo rinunciare alla dimensione politica e alla denuncia sociale. Egli concepisce la produzione artistica come l'esatto opposto della chiusura remissiva, dell'intimismo crepuscolare: obbligo e diritto della persona è l'espressione chiara e forte delle proprie convinzioni e dei propri sentimenti; obbligo e diritto dell'arte è la denuncia dell'oppressione e dell'ingiustizia. Coerenza e un intenso impegno morale e umano, insieme alla creazione di un universo pittorico straordinario, sono il più importante lascito di questo straordinario artista.