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Marcantonio Franceschini (Bologna 1648-1729)

Trionfo di Davide

Details
Marcantonio Franceschini (Bologna 1648-1729)
Trionfo di Davide
olio su tela in cornice coeva a più ordini di intaglio
130x190 cm.
Literature
G.P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina di Bologna, Bologna 1739, II, p. 239.
D.C. Miller, Marcantonio Franceschini, Torino 2001, pp. 232 e 260, n. 157, ill. (erroneamente, con dimensioni 130x200 cm.).
Special notice
Where there is no symbol Christie's generally sells lots under the Margin Scheme. The final price charged to Buyer''s for each lot, is calculated in the following way: 30% of the final bid price of each lot up to and including € 20.000,00 26% of the excess of the hammer price above € 20.000,00 and up and including € 800.000,00 18,5% of the excess of the hammer price above €800.000,00
Sale room notice
Per il presente lotto vi è una proposta di avvio di procedimento per la dichiarazione di interesse culturale da parte della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per le Provincie di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese.
The Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per le Provincie di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese has proposed a process of declaring this work of national importance.

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Lot Essay

Il dipinto qui offerto, certamente una delle invenzioni più colte e ambizose di Marcantonio Franceschini, fu eseguito dall'artista nel 1721, forse per il marchese Tanari di Bologna. Come riportato da Dwight Miller, il Libro dei Conti del pittore registra infatti, il 26 gennaio di quell'anno, un primo pagamento di lire 300 a caparra del "quadro del Trionfo di Davide con la testa del Gigante Golia" da eseguirsi per il marchese senatore Frangetto Tanari. Segue, il 4 giugno dello stesso anno, un pagamento a saldo per l'opera terminata, che si dice destinata al "Duca reggente di Francia". Pur menzionando un altro quadro dipinto nel 1723 per il marchese Tanari, la biografia dell'artista pubblicata da Giovan Pietro Zanotti nel 1739 non cita questa commissione; ricorda però un quadro di uguale soggetto eseguito dal Franceschini per il Cavaliere Carpegna poco dopo essere stato insignito del titolo di Cavaliere nel 1720.
Due sono in effetti le versioni del "Trionfo di Davide" oggi conosciute, diverse tra loro per minimi dettagli ma essenzialmente per dimensioni: decisamente importanti nel caso del nostro dipinto, più contenute e tipiche del "quadro da stanza" quelle della tela che nel 1970 si trovava in raccolta privata a Monza, dalla collezione Marsigli di Bologna (D. Miller, 2001, pp. 232-33, n. 127). Entrambe derivano dal bel disegno preparatorio, estremamente articolato in tutti i dettagli, venduto a Londra da Christie's e qui riprodotto (asta del 5 aprile 1977, n. 107, illustrato in catalogo alla tav. 36; D. Miller, 2001, n. 157a), rispetto al quale le versioni dipinte presentano un'intelligente semplificazione dei gruppi figurati, tale da consentire una più chiara lettura della scena. Una rielaborazione proseguita del resto anche in corso di stesura pittorica: come già indicato da Miller, il nostro dipinto presenta infatti tracce di "pentimenti" al centro della composizione dove si indovina, sebbene nascosta da sapienti velature, una diversa figura femminile. È dunque assai probabile che il dipinto qui offerto, assai più importante nelle dimensioni, sia da considerare la più antica versione del "Trionfo di Davide" e forse, come sostiene Miller, proprio quella per il marchese Tanari.
Non è dubbio, in ogni caso, che per il gran numero di figure disposte ad imitazione di un rilievo antico, la varietà degli "affetti" e la sapiente transizione dall'orrido al leggiadro nei gruppi contrapposti dei soldati recanti in trionfo il macabro trofeo e in quello delle fanciulle danzanti, questa composizione possa annoverarsi tra le più belle e importanti dipinte dal Franceschini nel corso della sua lunga e fortunata carriera. Vi si coglie altresì un legame preciso e consapevole con i modelli più raffinati ed eruditi del classicismo seicentesco: col Domenichino dell' "Alessandro e Timoclea" dipinto nel 1615-16 per il cardinal Montalto e qui recuperato a cent'anni di distanza, ma anche con artisti romani che su quei modelli si erano a loro volta formati nella prima metà del Seicento, in particolare Giacinto Gimignani.
Altri motivi ci riconducono idealmente alla recente esperienza romana del Franceschini, che fra il 1711 e il 1712 aveva appunto lavorato a Roma per i cartoni dei mosaici della cappella del Coro in San Pietro. A una delle storie bibliche previste ai lati di una finestra, Miriam che guida il coro delle donne dopo la sconfitta del Faraone, si richiama infatti, nel nostro dipinto, il gruppo femminile a sinistra e in particolare la giovane donna con un timpano: per questa figura Franceschini ha recuperato studi eseguiti in quell'occasione, e in particolare il bel disegno venduto a Londra da Christie's (7 luglio 1992, n. 190; D. Miller, 2001, fig. 152c).