Giulio Turcato (1912-1995)
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's… Read more OPERE DA UNA RAFFINATA COLLEZIONE PRIVATA ITALIANA / PROPERTY FROM A REFINED ITALIAN PRIVATE COLLECTION
Giulio Turcato (1912-1995)

Composizione n. 12

Details
Giulio Turcato (1912-1995)
Composizione n. 12
firmato TURCATO (in basso a destra)
olio su tela
cm 73,5x138,5
Eseguito nel 1952
Opera registrata presso l'Archivio Giulio Turcato, Roma, n. D583621381215-RPost0, come da autentica su fotografia
Provenance
Galleria Pagani, Milano
Collezione F. Pensotti, Legnano
Collezione Fugazzola, Legnano
Collezione E. Legnani, Legnano
Collezione Cambi, Roma
Galleria Rizziero, Pescara
ivi acquisito dall'attuale proprietario nel 1995
Exhibited
Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Turcato, 1986, cat., n. 20 (illustrato, con titolo Composizione)
Special notice
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent.
Further details
'COMPOSITION N. 12'; SIGNED LOWER RIGHT; OIL ON CANVAS

L'opera non richiede Attestato di Libera Circolazione al fine della sua esportazione.
This work does not require an export license.

Brought to you by

Renato Pennisi
Renato Pennisi

Lot Essay

"Turcato fa in modo globale quel che ogni grande colorista ha saputo fare nei secoli: modifica, varia, aggiusta, reinventa, esalta o appanna la qualità ottica di un colore. E fa sì che la luce penetri in esso fin nel fondo, in una terza dimensione ottica"

"Turcato does, totally, what every great colourist has known how to do through the centuries: modifying, varying, adjusting, re-inventing, brightening or dimming the optic quality of the colour. Making the light penetrate right to the bottom, in an optical third dimension"
GIOVANNI CARANDENTE


Eseguita nel 1952, l’opera Composizione n. 12 è un esempio chiaro e precoce del linguaggio astratto di Giulio Turcato. La larghezza di quasi un metro e mezzo fa sì che il lavoro offra un panorama vibrante di colori, trame e motivi, che si sviluppa su tutta la superficie dell'immagine nei toni del blu, del viola, dell'arancio e dell'ocra. L'opera si inserisce in un momento cruciale della pratica artistica di Turcato: in quell'anno fu infatti invitato dal celebre critico d’arte Lionello Venturi ad esporre alla Biennale di Venezia (1952) nell'ambito del cosiddetto Gruppo degli Otto che comprendeva artisti come Afro, Giuseppe Santomaso ed Emilio Vedova. Durante questo periodo si afferma come protagonista dell'Astrattismo Informale italiano, sviluppando un profondo interesse nei confronti delle proprietà del colore e della forma che trovavano i loro primordi nell'opera di Henri Matisse, Paul Cézanne, Giacomo Balla e Pablo Picasso. Questo lavoro venne esposto nella personale di Turcato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma nel 1986, da allora in mani private.

Giulio Turcato nacque a Mantova e frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia negli anni Trenta. Durante la seconda guerra mondiale fece parte della Resistenza italiana, per poi tornare a dedicarsi alla pratica artistica. Fu negli anni Quaranta e Cinquanta che il suo linguaggio iniziò a consolidarsi, grazie anche alla sua partecipazione al movimento della Nuova Secessione Artistica Italiana nel 1946 e, nel 1947, al gruppo Forma 1 confrontandosi con artisti quali Piero Dorazio e Achille Perilli. Come emerge osservando quest’opera, lo stile del pittore è connotato dall’approccio "nomade" al colore e alla forma, dove a entrambi è stata data la possibilità di trasformarsi sul piano dell'immagine come melodie libere e fluide, organismi in evoluzione. In questo modo Turcato ha cercato di recuperare alcune parti dello spettro cromatico in precedenza sottovalutate: fu particolarmente affascinato dal viola, che considerava una tinta "pura" e scevra di associazioni figurative. Nel caso del nostro dipinto, il colore si declina in un labirinto di tonalità contrastanti – alcune elettriche, altre sommesse, altre profondamente sature – dando a ciascuna di esse un nuovo risalto.


Executed in 1952, Composizione n. 12 is a vivid early example of Giulio Turcato’s abstract language. Spanning nearly a metre and a half in width, it offers a vibrant panorama of colour, texture and pattern, sprawling across the picture plane in hues of blue, purple, orange and ochre. The work dates from a pivotal moment in Turcato’s practice: that year he was invited by the celebrated critic Lionello Venturi to exhibit at the 1952 Venice Biennale, as part of the so-called ‘Gruppo degli otto’ which included artists such as Afro, Giuseppe Santomaso and Emilio Vedova. During this period, he took his place at the forefront of Italian abstraction, espousing a deep engagement with the properties of colour and form that had roots in the work of Henri Matisse, Paul Cézanne, Giacomo Balla and Pablo Picasso. The present work was included in Turcato’s solo exhibition at the Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome in 1986, and has been unseen in public since that time.

Born in Mantua, Turcato attended the Accademia di Belle Arti di Venezia in the 1930s. During the Second World War, he joined the Italian resistance movement, before eventually returning to art. It was during the 1940s and 1950s that his language began to solidify, energised by his participation in movements such as the Nuova Secessione Artistica Italiana in 1946, followed by the abstract art group Forma 1 in 1947 alongside artists such as Piero Dorazio and Achille Perille. As demonstrated by the present work, his style was defined by a ‘nomadic’ approach to colour and shape, in which both were permitted to morph across the picture plane like free-flowing melodies or evolving organisms. In doing so, Turcato sought to unlock previously undervalued parts of the chromatic spectrum – he was particularly fascinated by purple, which he saw as a ‘pure’ hue free from figurative associations. Here, the colour wends its way through a maze of competing tonalities – some electric, some subdued, some deeply saturated – throwing each into startling new relief.

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