Wallendas
Details
Salvatore Scarpitta (1919-2007)
Wallendas
firma, titolo e data 'SALVATORE SCARPITTA "WALLENDAS" 1963' (sul retro)
cinghie, corda, tubi di cartone foderati, smalto e resina su tela
233 x 184 x 9.5 cm.
Eseguito nel 1963
'WALLENDAS'; SIGNED, TITLED AND DATED (ON THE REVERSE); BANDS, ROPE, LINED CARDBOARD PIPES, ENAMEL AND RESIN ON CANVAS
L'opera non richiede Attestato di Libera Circolazione al fine della sua esportazione.
This work does not require an Export License.
Wallendas
firma, titolo e data 'SALVATORE SCARPITTA "WALLENDAS" 1963' (sul retro)
cinghie, corda, tubi di cartone foderati, smalto e resina su tela
233 x 184 x 9.5 cm.
Eseguito nel 1963
'WALLENDAS'; SIGNED, TITLED AND DATED (ON THE REVERSE); BANDS, ROPE, LINED CARDBOARD PIPES, ENAMEL AND RESIN ON CANVAS
L'opera non richiede Attestato di Libera Circolazione al fine della sua esportazione.
This work does not require an Export License.
Provenance
Leo Castelli Gallery, New York
Stux Gallery, New York
ivi acquisito dall'attuale proprietario nel 1989
Stux Gallery, New York
ivi acquisito dall'attuale proprietario nel 1989
Literature
AA. VV., Leo Castelli, Ten Years, New York 1967 (illustrato, in foto storica)
AA. VV., Salvatore Scarpitta 1958-1985, Milano 1985-86, cat. mostra presso il Padiglione d'Arte Contemporanea a Milano, p. 27 (illustrato, con data e dimensioni errate); p. 29 (illustrato, in foto storica)
Scarpitta's Works Alive with Physical Trial and Daring, in "The Boston Sunday Globe", 23 novembre 1986, p. B41
T. Coltellaro, Nel più ampio cerchio, Angolazioni e prospettive della visione nell'arte contemporanea, Catanzaro 1991, cat. mostra presso il Centro Museografico, Palazzo S. Domenico a Taverna, p. 47 (illustrato, con data e dimensioni errate)
L. Sansone, Salvatore Scarpitta, Catalogue Raisonné, Milano 2005, pp. 38, 73, 84 (illustrato, in foto storiche); p. 189, n. 328 (illustrato, con tecnica e dimensioni errate)
G. Celant, D. Eccher, Salvatore Scarpitta, Torino 2012-13, cat. mostra presso la Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea a Torino, p. 180 (illustrato, con dimensioni errate)
AA. VV., Salvatore Scarpitta 1958-1985, Milano 1985-86, cat. mostra presso il Padiglione d'Arte Contemporanea a Milano, p. 27 (illustrato, con data e dimensioni errate); p. 29 (illustrato, in foto storica)
Scarpitta's Works Alive with Physical Trial and Daring, in "The Boston Sunday Globe", 23 novembre 1986, p. B41
T. Coltellaro, Nel più ampio cerchio, Angolazioni e prospettive della visione nell'arte contemporanea, Catanzaro 1991, cat. mostra presso il Centro Museografico, Palazzo S. Domenico a Taverna, p. 47 (illustrato, con data e dimensioni errate)
L. Sansone, Salvatore Scarpitta, Catalogue Raisonné, Milano 2005, pp. 38, 73, 84 (illustrato, in foto storiche); p. 189, n. 328 (illustrato, con tecnica e dimensioni errate)
G. Celant, D. Eccher, Salvatore Scarpitta, Torino 2012-13, cat. mostra presso la Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea a Torino, p. 180 (illustrato, con dimensioni errate)
Exhibited
New York, Leo Castelli Gallery, Salvatore Scarpitta, 1963
Houston, Contemporary Arts Museum, Scarpitta, 1977, cat., p. 39 (illustrato)
New York, Leo Castelli Gallery, Scarpitta, American Cycle 1958-1982, 1982
Cambridge, Harvard University, Carpenter Center for the Visual Arts, Salvatore Scarpitta, Racing Cars, Sleds, Paintings, 1986
New York, Stux Gallery, Pre-Pop Post-Appropriation, 1989, cat. (illustrato, con data errata)
Houston, Contemporary Arts Museum, Scarpitta, 1977, cat., p. 39 (illustrato)
New York, Leo Castelli Gallery, Scarpitta, American Cycle 1958-1982, 1982
Cambridge, Harvard University, Carpenter Center for the Visual Arts, Salvatore Scarpitta, Racing Cars, Sleds, Paintings, 1986
New York, Stux Gallery, Pre-Pop Post-Appropriation, 1989, cat. (illustrato, con data errata)
Special notice
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent.
Lotto soggetto a Diritto di Seguito. Secondo le regolamentazioni del 2006 il Diritto di Seguito è applicabile a questo lotto, il compratore acconsente a pagare a noi un importo pari a quello che regolamentazioni prevedono, e noi ci impegniamo nei confronti dell’acquirente a versare tale importo all’agente di riscossione dell’artista.
Lot under Temporary Admission from outside the EU. Import VAT is payable at 10% on the hammer price. VAT at 22% will be added to the buyer’s premium
Lotto in temporanea importazione da paese extra-UE. L’IVA sull’importazione del 10% verrà applicata sul prezzo di aggiudicazione. L’IVA del 22% verrà applicata sul premio compratore.
Further details
Inedita per il pubblico dal 1989, quando fu acquistata dall'attuale proprietario, Wallendas è un esempio rilevante, su larga scala, del ricco linguaggio materico di Salvatore Scarpitta. Realizzata con legno, cinghie, corda, smalto e resina su tela, l'opera dimostra la sorprendente dissoluzione dei confini tra pittura e scultura avvenuta durante il Dopoguerra. Suddivisa in tre registri che sembrano frammenti di astrazione geometrica, Wallendas presenta una superficie segnata, spruzzata e stratificata con oggetti provenienti dal mondo reale: cinghie, fibbie e pali.
Il titolo dell'opera fa riferimento alla temeraria compagnia di acrobazie circensi "The Flying Wallendas", le cui esibizioni su funi sospese guadagnarono popolarità negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Un anno prima della creazione dell'opera, nel 1962, una tragedia colpì la compagnia durante uno spettacolo a Detroit: due dei membri caddero mentre eseguivano l'iconica piramide a sette persone e morirono. Inseriti in questo contesto i materiali dell'opera assumono un nuovo significato, evocando gli strumenti acrobatici utilizzati dal gruppo. Per Scarpitta le sue creazioni erano strumenti di rinnovamento e guarigione, e dunque Wallendas rappresenta un omaggio profondo a coloro che hanno perso la vita in nome dell'arte.
Nato in America da padre italiano e madre polacco-russa, Scarpitta prestò servizio nell'esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lavorò come "Monuments Man", fu responsabile della restituzione di oggetti d'arte rubati o danneggiati; fu così che sviluppò un vivo interesse per i temi del recupero e della salvaguardia. Tornato in Italia dopo la guerra, fu influenzato dallo spirito di ottimismo e sperimentazione che stava travolgendo il Paese: "Eravamo sopravvissuti, la felicità e la voglia di vivere erano così grandi che abbiamo creato una nuova arte", spiegò. L'utilizzo di materiali volutamente umili, aspetto che anticipa gli sviluppi dell'Arte Povera, presenta diversi elementi in comune con le opere di Alberto Burri, anch'esse interpretate come metafore di riparazione e rigenerazione. Inoltre il taglio centrale di quest'opera invita al confronto con le tele tagliate di Lucio Fontana, il quale, come Scarpitta, credeva nella distruzione come atto di creazione.
Scarpitta fa ritorno in America nel 1958. È durante questo periodo che il suo linguaggio inizia a consolidarsi, dando origine alle sue tele avvolte: opere realizzate con strisce di lino tagliate, simili a bende. Il suo linguaggio visivo viene influenzato anche dalle opere di artisti americani suoi contemporanei: si ritrovano infatti, in questo lavoro, echi delle campiture di colore di Mark Rothko, riferimenti alle "Zip" di Barnett Newman o dei "Combines" di Robert Rauschenberg. Le opere di Scarpitta mantengono, ad ogni modo, una poetica unicamente iconoclasta, profondamente legata alle idee di rinascita e trasformazione. "Avevo bisogno di correre il rischio di lasciare impronte digitali", ha spiegato. "Volevo entrare in contatto con la natura nascosta e più ostile delle cose. Altrimenti non sarei mai guarito dalla guerra". L'arte, per lui, riguarda il progresso: tema che troviamo incarnato anche nella sua fascinazione per la guida sportiva e le auto da corsa. Forse Scarpitta ha riconosciuto qualcosa di questo spirito nella storia dei Wallenda: un gruppo che, a tutti i costi, ha spinto ai limiti le capacità umane.
Unseen in public since 1989, when it was acquired by the present owner, Wallendas is a poignant large-scale example of Salvatore Scarpitta's rich material language. Comprising wood, straps, rope, enamel and resin on canvas, it demonstrates his extraordinary dissolution of the boundaries between painting and sculpture during the Post-War period. Divided into three bands like a piece of geometric abstraction, its surface is scored, spattered and layered with real-world objects - harnesses, buckles and poles. The work's title relates to the daredevil circus stunt troupe "The Flying Wallendas", whose high-wire performances first gained popularity during the 1940 and '50s. In 1962, the year before the work was created, tragedy struck when two of the members fell to their deaths while performing the iconic seven-person pyramid in Detroit. Seen in this context, the work's materials take on new meaning, evoking the acrobatic apparatus used by the group. For Scarpitta, who saw his creations as tools for renewal and healing, it represents a powerful tribute to those who lost their lives in the name of art.
Born in America to an Italian father and a Polish-Russian mother, Scarpitta served in the United States army during the Second World War. Working as a "Monuments Man" - responsible for the restitution of stolen or damaged art objects - he developed an interest in themes of recovery and salvation. Returning to Italy after the war, he imbibed the spirit of optimism and experimentation that was sweeping the country: "We were survivors, and the happiness and desire to live were so great that we created a new art", he explained. His use of deliberately humble materials - presaging developments in Arte Povera - shares much in common with the works of Alberto Burri, which were similarly interpreted as metaphors for repair and regeneration. The present work's central incision, meanwhile, invites comparison with the slashed canvases of Lucio Fontana, who - like Scarpitta - believed in destruction as an act of creation.
Scarpitta returned to America in 1958. It was during this period that his language began to solidify, giving rise initially to his wrapped canvas works created from shredded, bandage-like strips of linen. The works of his American contemporaries, too, had an impact upon his visual language - echoes of Mark Rothko's colour fields, Barnett Newman’s "Zips" or even the "Combines" of Robert Rauschenberg flicker in the present work. For Scarpitta, however, his works retained a uniquely iconoclastic agenda, deeply linked to ideas about rebirth and transformation. "I needed to run the risk of leaving fingerprints", he explained. "I wanted to come into contact with the hidden, most difficult nature of things. Otherwise I would never have been cured of the war". Art, for him, was about moving forwards - a theme embodied elsewhere in his fascination with racing driving and sprint cars. Perhaps Scarpitta recognised something of this spirit in the story of the Wallendas: a group who, at all costs, pushed the boundaries of human capability.
Il titolo dell'opera fa riferimento alla temeraria compagnia di acrobazie circensi "The Flying Wallendas", le cui esibizioni su funi sospese guadagnarono popolarità negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Un anno prima della creazione dell'opera, nel 1962, una tragedia colpì la compagnia durante uno spettacolo a Detroit: due dei membri caddero mentre eseguivano l'iconica piramide a sette persone e morirono. Inseriti in questo contesto i materiali dell'opera assumono un nuovo significato, evocando gli strumenti acrobatici utilizzati dal gruppo. Per Scarpitta le sue creazioni erano strumenti di rinnovamento e guarigione, e dunque Wallendas rappresenta un omaggio profondo a coloro che hanno perso la vita in nome dell'arte.
Nato in America da padre italiano e madre polacco-russa, Scarpitta prestò servizio nell'esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lavorò come "Monuments Man", fu responsabile della restituzione di oggetti d'arte rubati o danneggiati; fu così che sviluppò un vivo interesse per i temi del recupero e della salvaguardia. Tornato in Italia dopo la guerra, fu influenzato dallo spirito di ottimismo e sperimentazione che stava travolgendo il Paese: "Eravamo sopravvissuti, la felicità e la voglia di vivere erano così grandi che abbiamo creato una nuova arte", spiegò. L'utilizzo di materiali volutamente umili, aspetto che anticipa gli sviluppi dell'Arte Povera, presenta diversi elementi in comune con le opere di Alberto Burri, anch'esse interpretate come metafore di riparazione e rigenerazione. Inoltre il taglio centrale di quest'opera invita al confronto con le tele tagliate di Lucio Fontana, il quale, come Scarpitta, credeva nella distruzione come atto di creazione.
Scarpitta fa ritorno in America nel 1958. È durante questo periodo che il suo linguaggio inizia a consolidarsi, dando origine alle sue tele avvolte: opere realizzate con strisce di lino tagliate, simili a bende. Il suo linguaggio visivo viene influenzato anche dalle opere di artisti americani suoi contemporanei: si ritrovano infatti, in questo lavoro, echi delle campiture di colore di Mark Rothko, riferimenti alle "Zip" di Barnett Newman o dei "Combines" di Robert Rauschenberg. Le opere di Scarpitta mantengono, ad ogni modo, una poetica unicamente iconoclasta, profondamente legata alle idee di rinascita e trasformazione. "Avevo bisogno di correre il rischio di lasciare impronte digitali", ha spiegato. "Volevo entrare in contatto con la natura nascosta e più ostile delle cose. Altrimenti non sarei mai guarito dalla guerra". L'arte, per lui, riguarda il progresso: tema che troviamo incarnato anche nella sua fascinazione per la guida sportiva e le auto da corsa. Forse Scarpitta ha riconosciuto qualcosa di questo spirito nella storia dei Wallenda: un gruppo che, a tutti i costi, ha spinto ai limiti le capacità umane.
Unseen in public since 1989, when it was acquired by the present owner, Wallendas is a poignant large-scale example of Salvatore Scarpitta's rich material language. Comprising wood, straps, rope, enamel and resin on canvas, it demonstrates his extraordinary dissolution of the boundaries between painting and sculpture during the Post-War period. Divided into three bands like a piece of geometric abstraction, its surface is scored, spattered and layered with real-world objects - harnesses, buckles and poles. The work's title relates to the daredevil circus stunt troupe "The Flying Wallendas", whose high-wire performances first gained popularity during the 1940 and '50s. In 1962, the year before the work was created, tragedy struck when two of the members fell to their deaths while performing the iconic seven-person pyramid in Detroit. Seen in this context, the work's materials take on new meaning, evoking the acrobatic apparatus used by the group. For Scarpitta, who saw his creations as tools for renewal and healing, it represents a powerful tribute to those who lost their lives in the name of art.
Born in America to an Italian father and a Polish-Russian mother, Scarpitta served in the United States army during the Second World War. Working as a "Monuments Man" - responsible for the restitution of stolen or damaged art objects - he developed an interest in themes of recovery and salvation. Returning to Italy after the war, he imbibed the spirit of optimism and experimentation that was sweeping the country: "We were survivors, and the happiness and desire to live were so great that we created a new art", he explained. His use of deliberately humble materials - presaging developments in Arte Povera - shares much in common with the works of Alberto Burri, which were similarly interpreted as metaphors for repair and regeneration. The present work's central incision, meanwhile, invites comparison with the slashed canvases of Lucio Fontana, who - like Scarpitta - believed in destruction as an act of creation.
Scarpitta returned to America in 1958. It was during this period that his language began to solidify, giving rise initially to his wrapped canvas works created from shredded, bandage-like strips of linen. The works of his American contemporaries, too, had an impact upon his visual language - echoes of Mark Rothko's colour fields, Barnett Newman’s "Zips" or even the "Combines" of Robert Rauschenberg flicker in the present work. For Scarpitta, however, his works retained a uniquely iconoclastic agenda, deeply linked to ideas about rebirth and transformation. "I needed to run the risk of leaving fingerprints", he explained. "I wanted to come into contact with the hidden, most difficult nature of things. Otherwise I would never have been cured of the war". Art, for him, was about moving forwards - a theme embodied elsewhere in his fascination with racing driving and sprint cars. Perhaps Scarpitta recognised something of this spirit in the story of the Wallendas: a group who, at all costs, pushed the boundaries of human capability.
Brought to you by
Elena Zaccarelli
Senior Specialist, Head of Sale, Milan