Lot Essay
Si tratta della versione quasi definitiva del soggetto che Carlo Erba realizzer nel suo pi significativo dipinto pervenutoci Trottole del sobborgo che vanno, olio su tela, cm 108x178, 1915.
Questo il quadro visto allo studio da Margherita Sarfatti: "E ricordo di lui, di quell'epoca, se non mi inganno, un quadro, una specie di pannello rettangolare: un tramonto, un paesaggio di grande citt, alla periferia, in quella zona dei terreni vaghi, non ancora urbani, non pi campestri, piena di malinconia e di squallore. E, fra cielo e terra, uno spazio bislungo, una fila di bimbi: cinque bimbi che si tenevano per mano, la pi grandicella nel mezzo, via via sino all'ultimo batuffolo delizioso di carne di poveri, cenci e ditino in bocca, che appena traballa sulle gambette corte. Il sole infuocato all'estremo orizzonte ne proiettava le ombre lunghe, lunghe, lunghe, violette e livide sul suolo, come un grottesco di primitivi." (Gli Avvenimenti", a. III, n. 28, Milano, 15-22 luglio 1917)
Il dipinto riprende, in maniera quasi analoga, un'incisione del 1914 (esposta in Mostra dell'incisione italiana, Milano, gennaio 1915). Da un punto di vista strettamente pittorico, colpisce l'effetto dinamico di moto risucchiante (in avanti rispetto all'andare delle figure) nell'accentuata indicazione prospettica data dalle striature del campo, convergenti sul fondo del quadro.
Sotto il profilo tematico, l'opera attesta altres l'impegno sociale del giovane pittore: la societ vista dalla parte dei diseredati.
Forma e contenuto appaiono coniugate dall'artista in una sintesi espressionista capace di dare un'immagine avvincente di tale condizione.
Questo il quadro visto allo studio da Margherita Sarfatti: "E ricordo di lui, di quell'epoca, se non mi inganno, un quadro, una specie di pannello rettangolare: un tramonto, un paesaggio di grande citt, alla periferia, in quella zona dei terreni vaghi, non ancora urbani, non pi campestri, piena di malinconia e di squallore. E, fra cielo e terra, uno spazio bislungo, una fila di bimbi: cinque bimbi che si tenevano per mano, la pi grandicella nel mezzo, via via sino all'ultimo batuffolo delizioso di carne di poveri, cenci e ditino in bocca, che appena traballa sulle gambette corte. Il sole infuocato all'estremo orizzonte ne proiettava le ombre lunghe, lunghe, lunghe, violette e livide sul suolo, come un grottesco di primitivi." (Gli Avvenimenti", a. III, n. 28, Milano, 15-22 luglio 1917)
Il dipinto riprende, in maniera quasi analoga, un'incisione del 1914 (esposta in Mostra dell'incisione italiana, Milano, gennaio 1915). Da un punto di vista strettamente pittorico, colpisce l'effetto dinamico di moto risucchiante (in avanti rispetto all'andare delle figure) nell'accentuata indicazione prospettica data dalle striature del campo, convergenti sul fondo del quadro.
Sotto il profilo tematico, l'opera attesta altres l'impegno sociale del giovane pittore: la societ vista dalla parte dei diseredati.
Forma e contenuto appaiono coniugate dall'artista in una sintesi espressionista capace di dare un'immagine avvincente di tale condizione.