CRISTINA DI SVEZIA (1626-1689). Personaggio entrato (grazie a Greta Garbo) nell'immaginario collettivo, l'esule figlia di Re Gustavo Adolfo (che aveva rinunciato al trono svedese a ventotto anni per abbracciare la confessione cattolica) fu grande protagonista della vita politica, ma soprattutto culturale, nell'Italia del secondo Seicento.Accolta trionfalmente a Roma la sera del 20 settembre 1655, la sua figura - ambiziosa e irrequieta, colta e spregiudicata - venne in un primo momento strumentalizzata nella perdurante polemica antiluterana; ma comportamenti e atteggiamenti della sua piccola corte, installata a Palazzo Farnese (ne faceva parte integrante, intimamente vicino all'ex Regina, il giovane e influente Cardinale Decio Azzolino) ne guastarono presto i rapporti privilegiati con le gerarchie ecclesiastiche e i segreti uffici politici vaticani. I tentativi di sfruttare la posizione alla Corte di Francia del Cardinal Mazzarino (per ottenere un trono fra quelli vacanti, in Italia - d
Lot consigned for sale by a "private" vendor. H… 顯示更多
CRISTINA DI SVEZIA (1626-1689). Personaggio entrato (grazie a Greta Garbo) nell'immaginario collettivo, l'esule figlia di Re Gustavo Adolfo (che aveva rinunciato al trono svedese a ventotto anni per abbracciare la confessione cattolica) fu grande protagonista della vita politica, ma soprattutto culturale, nell'Italia del secondo Seicento.Accolta trionfalmente a Roma la sera del 20 settembre 1655, la sua figura - ambiziosa e irrequieta, colta e spregiudicata - venne in un primo momento strumentalizzata nella perdurante polemica antiluterana; ma comportamenti e atteggiamenti della sua piccola corte, installata a Palazzo Farnese (ne faceva parte integrante, intimamente vicino all'ex Regina, il giovane e influente Cardinale Decio Azzolino) ne guastarono presto i rapporti privilegiati con le gerarchie ecclesiastiche e i segreti uffici politici vaticani. I tentativi di sfruttare la posizione alla Corte di Francia del Cardinal Mazzarino (per ottenere un trono fra quelli vacanti, in Italia - dove insistenti furono gli intrighi per accaparrarsi quello di Napoli - e fuori) non migliorarono la situazione. Dal '60 al '67 Cristina tornò a risiedere in Svezia, ma l'elezione al Soglio Pontificio di Clemente IX proiettò l'Azzolino alla Segreteria di Stato. Cristina tornò a Roma per restarvi sino alla morte, occupando ora un palazzo alla Lungara. Continuò a tramare improbabili mosse politiche sullo scacchiere europeo, ma il suo ruolo fu assai più concreto nella vita culturale. Il circolo di scrittori e pensatori che si riunì attorno a lei, capeggiato dal filosofo calabrese Gian Vincenzo Gravina, costituì il nucleo originario dell'Arcadia: e in effetti l'Accademia venne ufficialmente istituita poco più di un anno dopo la sua morte, il 5 ottobre 1690. Negli ultimi anni romani, il carattere indipendente di Cristina divenne sempre più sospettoso, pur senza mai chiudersi alle discussioni culturali e letterarie. I suoi confidenti rimasero ben pochi: e tra questi figurava in posizione di privilegio Monsignor Giovi, il destinatario di questi 49 biglietti autografi (mai firmati, per lo più di una, massimo due pagine 16o ciascuno), che si concentrano tutti nell'arco del 1687 (la maggior parte non reca tuttavia alcuna data). Si tratta, più che di lettere (non recano nemmeno alcuna intestazione), di biglietti di conversazione: vergati infatti in buon italiano colloquiale. L'assenza di formule formalistiche e altre marche retoriche che com'è noto aduggiano a oltranza la prosa epistolare del tempo, non solo restituisce dal vivo, si può dire, la conversazione di quello che resta senz'altro uno degli spiriti piì vivi della sua età, ma lascia spazio alla confessione di umori assai personali, disappunti e brevi euforie (quasi sempre Cristina riporta opinioni e battute del Cardinal Azzolino - il rapporto parauxorio col quale era ormai evidentemente conclamato, pur dovendo ovviamente restare ufficioso), nonché l'evolversi quasi quotidiano del proliferante macchinare di più o meno realistici progetti politico-culturali. Continuo, per esempio, il commento, ora malevolo ora più generoso, alle azioni e alle iniziative prese in Roma dall'Ambasciatore di Francia (caratteristicamente, si va dall'insofferenza personale alla pretenziosa macchinazione da statista: "questo nostro Ambasciatore di Francia è troppo flegmatico e non mi par che mangi alla francese, staremo a veder"; "questi vostri francesi mi par [...] chiaro che hanno voglia di cedere ma il papa no, non ha voglia di far tutto modo loro..."; "mi vien detto che il S.P. ha prohibito che si facci la Cappella di S. Giovanni solita farsi del Ambasciatore di Francia [...] Card. Azzolino ha con perfetta sagacia detto il mal non vien per nuocere..."), ma preziose sono pure, naturalmente, le frequenti informazioni sul circolo di Gravina ("ogni cosa vol tempo et io no posso accostar la poesia più in qua di quello che sa[.] La venuta di Gravina per me è ottima et io la desidero, io son vogliosissima del negozio..."). Fra l'ex Regina e il suo confidente ecclesiastico il rapporto è insomma assai confidenziale, spingendosi sino ad allusioni di ardua decifrabilità. I due se ne compiacciono, mondani: "Il nostro indovinello vorrei che fosse capito da tutti comme da me che lo credo un Evangelio...". I 49 biglietti, tutti comprendenti in quarta pagina l'indirizzo autografo e per lo più il sigillo di ceralacca originale, sono ordinatamente raccolti in una legatura d'epoca, tutta pergamena, incollati sulle pagine cartacee. Alla carta di guardia l'anonimo collezionista scrive di propria mano: "Viglietti Della Regina di Svezia Christina, Originali Scritti dalla med.a a Mons.r Giovi". Una postilla posteriore, in seconda di copertina, annota invece: "Proprietà del C.te Paolo Macchi". Si tratta, è facile capire, di un cimelio di notevole importanza storico-documentaria - un autentico spaccato della vita quotidiana presso il centro culturale più nevralgico dell'Italia del tempo -, ma anche della toccante testimonianza umana sulla personalità di una grande protagonista della storia europea. (49)

細節
CRISTINA DI SVEZIA (1626-1689). Personaggio entrato (grazie a Greta Garbo) nell'immaginario collettivo, l'esule figlia di Re Gustavo Adolfo (che aveva rinunciato al trono svedese a ventotto anni per abbracciare la confessione cattolica) fu grande protagonista della vita politica, ma soprattutto culturale, nell'Italia del secondo Seicento.Accolta trionfalmente a Roma la sera del 20 settembre 1655, la sua figura - ambiziosa e irrequieta, colta e spregiudicata - venne in un primo momento strumentalizzata nella perdurante polemica antiluterana; ma comportamenti e atteggiamenti della sua piccola corte, installata a Palazzo Farnese (ne faceva parte integrante, intimamente vicino all'ex Regina, il giovane e influente Cardinale Decio Azzolino) ne guastarono presto i rapporti privilegiati con le gerarchie ecclesiastiche e i segreti uffici politici vaticani. I tentativi di sfruttare la posizione alla Corte di Francia del Cardinal Mazzarino (per ottenere un trono fra quelli vacanti, in Italia - dove insistenti furono gli intrighi per accaparrarsi quello di Napoli - e fuori) non migliorarono la situazione. Dal '60 al '67 Cristina tornò a risiedere in Svezia, ma l'elezione al Soglio Pontificio di Clemente IX proiettò l'Azzolino alla Segreteria di Stato. Cristina tornò a Roma per restarvi sino alla morte, occupando ora un palazzo alla Lungara. Continuò a tramare improbabili mosse politiche sullo scacchiere europeo, ma il suo ruolo fu assai più concreto nella vita culturale. Il circolo di scrittori e pensatori che si riunì attorno a lei, capeggiato dal filosofo calabrese Gian Vincenzo Gravina, costituì il nucleo originario dell'Arcadia: e in effetti l'Accademia venne ufficialmente istituita poco più di un anno dopo la sua morte, il 5 ottobre 1690.
Negli ultimi anni romani, il carattere indipendente di Cristina divenne sempre più sospettoso, pur senza mai chiudersi alle discussioni culturali e letterarie. I suoi confidenti rimasero ben pochi: e tra questi figurava in posizione di privilegio Monsignor Giovi, il destinatario di questi 49 biglietti autografi (mai firmati, per lo più di una, massimo due pagine 16o ciascuno), che si concentrano tutti nell'arco del 1687 (la maggior parte non reca tuttavia alcuna data). Si tratta, più che di lettere (non recano nemmeno alcuna intestazione), di biglietti di conversazione: vergati infatti in buon italiano colloquiale. L'assenza di formule formalistiche e altre marche retoriche che com'è noto aduggiano a oltranza la prosa epistolare del tempo, non solo restituisce dal vivo, si può dire, la conversazione di quello che resta senz'altro uno degli spiriti piì vivi della sua età, ma lascia spazio alla confessione di umori assai personali, disappunti e brevi euforie (quasi sempre Cristina riporta opinioni e battute del Cardinal Azzolino - il rapporto parauxorio col quale era ormai evidentemente conclamato, pur dovendo ovviamente restare ufficioso), nonché l'evolversi quasi quotidiano del proliferante macchinare di più o meno realistici progetti politico-culturali.
Continuo, per esempio, il commento, ora malevolo ora più generoso, alle azioni e alle iniziative prese in Roma dall'Ambasciatore di Francia (caratteristicamente, si va dall'insofferenza personale alla pretenziosa macchinazione da statista: "questo nostro Ambasciatore di Francia è troppo flegmatico e non mi par che mangi alla francese, staremo a veder"; "questi vostri francesi mi par [...] chiaro che hanno voglia di cedere ma il papa no, non ha voglia di far tutto modo loro..."; "mi vien detto che il S.P. ha prohibito che si facci la Cappella di S. Giovanni solita farsi del Ambasciatore di Francia [...] Card. Azzolino ha con perfetta sagacia detto il mal non vien per nuocere..."), ma preziose sono pure, naturalmente, le frequenti informazioni sul circolo di Gravina ("ogni cosa vol tempo et io no posso accostar la poesia più in qua di quello che sa[.] La venuta di Gravina per me è ottima et io la desidero, io son vogliosissima del negozio..."). Fra l'ex Regina e il suo confidente ecclesiastico il rapporto è insomma assai confidenziale, spingendosi sino ad allusioni di ardua decifrabilità. I due se ne compiacciono, mondani: "Il nostro indovinello vorrei che fosse capito da tutti comme da me che lo credo un Evangelio...".
I 49 biglietti, tutti comprendenti in quarta pagina l'indirizzo autografo e per lo più il sigillo di ceralacca originale, sono ordinatamente raccolti in una legatura d'epoca, tutta pergamena, incollati sulle pagine cartacee. Alla carta di guardia l'anonimo collezionista scrive di propria mano: "Viglietti Della Regina di Svezia Christina, Originali Scritti dalla med.a a Mons.r Giovi". Una postilla posteriore, in seconda di copertina, annota invece: "Proprietà del C.te Paolo Macchi".
Si tratta, è facile capire, di un cimelio di notevole importanza storico-documentaria - un autentico spaccato della vita quotidiana presso il centro culturale più nevralgico dell'Italia del tempo -, ma anche della toccante testimonianza umana sulla personalità di una grande protagonista della storia europea. (49)
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