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Mario Tozzi si trasferisce a Parigi a partire dal 1919-20 e qui la sua sensibilità artistica, formatasi all'Accademia di Belle Arti di Bologna e influenzata dal clima della "Secessione" e dallo studio dei maestri del Trecento e del Rinascimento, entra in contatto con la pittura francese e italiana di avanguardia; il fervore dell'ambiente parigino non gli fa tuttavia dimenticare il Lago Maggiore, terra natia, dove spesso torna ad espone le sue opere al Museo del Paesaggio di Pallanza, dove terrà la sua prima personale nel 1923.
L'opera Il porto di Suna, che viene proposta per la prima volta sul mercato, è leggibile nell'ottica di un atteggiamento polemico nei confronti delle esperienze impressioniste, che l'artista esprime in una lettera ad Antonio Massara, direttore del Museo del Paesaggio di Pallanza, nel 1921. Tozzi non condivide l'idea che la forma non esista e che i corpi siano in continuo mutamento a seconda della luce che ricevono: al contrario egli sostiene che ogni cosa ha una forma ben definita, che deve essere attentamente studiata. Lontano dai "colori tentatori" degli impressionisti, con tinte più sobrie costruisce un paesaggio dai piani ben definiti dove ogni cosa "ha una linea architettonica che informa tutto".
L'opera Il porto di Suna, che viene proposta per la prima volta sul mercato, è leggibile nell'ottica di un atteggiamento polemico nei confronti delle esperienze impressioniste, che l'artista esprime in una lettera ad Antonio Massara, direttore del Museo del Paesaggio di Pallanza, nel 1921. Tozzi non condivide l'idea che la forma non esista e che i corpi siano in continuo mutamento a seconda della luce che ricevono: al contrario egli sostiene che ogni cosa ha una forma ben definita, che deve essere attentamente studiata. Lontano dai "colori tentatori" degli impressionisti, con tinte più sobrie costruisce un paesaggio dai piani ben definiti dove ogni cosa "ha una linea architettonica che informa tutto".