Lot Essay
Dopo una parentesi parigina che lo vede attento a studiare la materia della pittura del '600, de Chirico torna in Italia e inizia a dipingere i primi autoritratti in costume.
E' dall'osservazione di un quadro di Velasquez al Louvre che inizia per l'artista l'affannosa ricerca per un'emulsione che unita ai colori dia vita ad una "bella materia", in cui si raggiunga quella finezza del modellato e la profondità di esecuzione che da circa un secolo si era dimenticata.
Gli autoritratti, narcisistico gioco di travestimento, erano infatti anche un pretesto per la sperimentazione tecnica: quelli in costume venivano realizzati prendendo a modello abiti veri, chiesti in prestito alle sartorie teatrali; le diverse qualità di stoffe e i tanti accessori permettevano all'artista di esercitarsi nel raggiungimento della qualità materica propria degli oggetti in questione.
Sorprendiamo dunque de Chirico in maschera, nei travestimenti più impensabili: gentiluomo rinascimentale, pittore antico, matador, Raffaello, "nato sotto Saturno", statua eterna.
In ognuno di questi autoritratti l'artista è sempre atteggiato come qualcuno. E nonostante non esista niente per lui di più fisico di un ritratto, vi è sempre una sorta di trasposizione, essere se stessi ma nello stesso tempo essere trasportati in altri luoghi e in altri tempi, seguendo il pensiero di Nietsche e di Weinenger.
Trasposizione insieme alla nietschiana esaltazione del gioco e della realtà, dell'invenzione e del concreto, che dava a de Chirico la possibilità di mescolare presente e passato, sogno e realtà per allontanarsi il più possibile dalla mediocrità che non si addice al superuomo tanto osannato da Zarathustra.
E' dall'osservazione di un quadro di Velasquez al Louvre che inizia per l'artista l'affannosa ricerca per un'emulsione che unita ai colori dia vita ad una "bella materia", in cui si raggiunga quella finezza del modellato e la profondità di esecuzione che da circa un secolo si era dimenticata.
Gli autoritratti, narcisistico gioco di travestimento, erano infatti anche un pretesto per la sperimentazione tecnica: quelli in costume venivano realizzati prendendo a modello abiti veri, chiesti in prestito alle sartorie teatrali; le diverse qualità di stoffe e i tanti accessori permettevano all'artista di esercitarsi nel raggiungimento della qualità materica propria degli oggetti in questione.
Sorprendiamo dunque de Chirico in maschera, nei travestimenti più impensabili: gentiluomo rinascimentale, pittore antico, matador, Raffaello, "nato sotto Saturno", statua eterna.
In ognuno di questi autoritratti l'artista è sempre atteggiato come qualcuno. E nonostante non esista niente per lui di più fisico di un ritratto, vi è sempre una sorta di trasposizione, essere se stessi ma nello stesso tempo essere trasportati in altri luoghi e in altri tempi, seguendo il pensiero di Nietsche e di Weinenger.
Trasposizione insieme alla nietschiana esaltazione del gioco e della realtà, dell'invenzione e del concreto, che dava a de Chirico la possibilità di mescolare presente e passato, sogno e realtà per allontanarsi il più possibile dalla mediocrità che non si addice al superuomo tanto osannato da Zarathustra.