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Gnoli compì il proprio apprendistato artistico seguendo i corsi privati di Carlo Alberto Petrucci; arricchì in seguito la propria formazione frequentando Fabrizio Clerici e visitando lo studio dello scenografo e pittore surrealista russo Eugène Berman.
Nel 1950 tenne la sua prima personale alla Galleria La Cassapanca di Roma e dal 1955 decise di abbandonare l'attività di scenografo per dedicarsi esclusivamente alla pittura e al disegno, viaggiando tra Londra, Parigi e Roma.
Nel 1956 si stabilì a New York dove espose per la prima volta le sue opere alla Sagittarius Gallery, mentre l'anno seguente venne notato dalla critica in una mostra personale alla Arthur Jeffries Gallery di Londra.
Il talento artistico di Gnoli fu fortemente influenzato da una profonda conoscenza per l'arte antica ed in particolare di Bruegel il Vecchio, Dürer e Bosch, dalla tecnica raffinata di Petrucci e dalle scene ed i costumi che Salvador Dalì aveva creato per la rappresentazione della Rosalinda di Shakespeare messa in scena a Roma da Luchino Visconti nel 1948.
Dai suddetti artisti mutuò i caratteri dinamici che li caratterizzavano rielaborandoli secondo un linguaggio del tutto personale, dal ritmo decisamente rallentato, come egli stesso riferisce in un'intervista, nel 1966: "In un momento come questo di iconoclastica antipittura, che vorrebbe rompere tutti i ponti con il passato, io tengo a collocare il mio lavoro in quella tradizione 'non eloquente' nata in Italia nel '400 e arrivata a noi passando da ultimo per la scuola metafisica. La realtà ci si propone imperterrita e intatta. L'oggetto comune, isolato dal suo abituale contesto, ci appare come il testimone più inquietante di questa nostra solitudine senza più ricorso di ideologie e certezze."
Le esperienze di scenografo e illustratore portano Gnoli a dipingere, verso la fine degli anni '50, una serie di tele con ambienti esterni che vengono fissati sulla superficie, spesso secondo una visione dall'alto, a volo d'uccello. È in questo genere di opere che si inserisce "La bicicletta rossa", in cui l'artista isola gli elementi della narrazione immergendoli in un'atmosfera silenziosa, la stessa che si percepisce leggendo tra le parole di una delle sue poesie:
Ecco io m'immergo
in un bianco deserto
d'arida luce, immote agonizzanti le cose,
scoloriti mi giungono i rumori
sonnolenti e pigri,
trema nell'aria opaca,
sopra l'asfalto secco
l'ultimo fremito di vita.
Nel 1950 tenne la sua prima personale alla Galleria La Cassapanca di Roma e dal 1955 decise di abbandonare l'attività di scenografo per dedicarsi esclusivamente alla pittura e al disegno, viaggiando tra Londra, Parigi e Roma.
Nel 1956 si stabilì a New York dove espose per la prima volta le sue opere alla Sagittarius Gallery, mentre l'anno seguente venne notato dalla critica in una mostra personale alla Arthur Jeffries Gallery di Londra.
Il talento artistico di Gnoli fu fortemente influenzato da una profonda conoscenza per l'arte antica ed in particolare di Bruegel il Vecchio, Dürer e Bosch, dalla tecnica raffinata di Petrucci e dalle scene ed i costumi che Salvador Dalì aveva creato per la rappresentazione della Rosalinda di Shakespeare messa in scena a Roma da Luchino Visconti nel 1948.
Dai suddetti artisti mutuò i caratteri dinamici che li caratterizzavano rielaborandoli secondo un linguaggio del tutto personale, dal ritmo decisamente rallentato, come egli stesso riferisce in un'intervista, nel 1966: "In un momento come questo di iconoclastica antipittura, che vorrebbe rompere tutti i ponti con il passato, io tengo a collocare il mio lavoro in quella tradizione 'non eloquente' nata in Italia nel '400 e arrivata a noi passando da ultimo per la scuola metafisica. La realtà ci si propone imperterrita e intatta. L'oggetto comune, isolato dal suo abituale contesto, ci appare come il testimone più inquietante di questa nostra solitudine senza più ricorso di ideologie e certezze."
Le esperienze di scenografo e illustratore portano Gnoli a dipingere, verso la fine degli anni '50, una serie di tele con ambienti esterni che vengono fissati sulla superficie, spesso secondo una visione dall'alto, a volo d'uccello. È in questo genere di opere che si inserisce "La bicicletta rossa", in cui l'artista isola gli elementi della narrazione immergendoli in un'atmosfera silenziosa, la stessa che si percepisce leggendo tra le parole di una delle sue poesie:
Ecco io m'immergo
in un bianco deserto
d'arida luce, immote agonizzanti le cose,
scoloriti mi giungono i rumori
sonnolenti e pigri,
trema nell'aria opaca,
sopra l'asfalto secco
l'ultimo fremito di vita.