ALFIERI, Vittorio. Bellissima, lunghissima (quattro pagine 4° fittissimamente vergate su carta verdina) Minuta di lettera autografa, probabilmente mancante della conclusione, a un Amico Carissimo, Firenze, 24 Giugno 1798. E' un'altra delle grandi lettere-trattato sull'arte teatrale: che, nel rispondere alle osservazioni del corrispondente su un manoscritto inviatogli dallo stesso Alfieri, espone anche - ciò che non può sorprendere nell'autore della Vita - una sapidissima autobiografia letteraria in breve: Fin dall'anno 1794, ritrovandomi compiuti gli anni 49 della mia vita animale, e quasi 20 della mia vita letteraria, ritrovandomi avere schiccherato o bene o male di gran carta, avevo stampato anche troppo, aver applicato alle volte moltissimo, ed essermi in somma addossato meritamente o no il nome di letterato; io rimaneva pur sempre conscio purtroppo in me stesso della mia molta ignoranza... E tra queste, voi potrete ben credere quanto mi cuocesse, e qu
ALFIERI, Vittorio. Bellissima, lunghissima (quattro pagine 4° fittissimamente vergate su carta verdina) Minuta di lettera autografa, probabilmente mancante della conclusione, a un Amico Carissimo, Firenze, 24 Giugno 1798. E' un'altra delle grandi lettere-trattato sull'arte teatrale: che, nel rispondere alle osservazioni del corrispondente su un manoscritto inviatogli dallo stesso Alfieri, espone anche - ciò che non può sorprendere nell'autore della Vita - una sapidissima autobiografia letteraria in breve: Fin dall'anno 1794, ritrovandomi compiuti gli anni 49 della mia vita animale, e quasi 20 della mia vita letteraria, ritrovandomi avere schiccherato o bene o male di gran carta, avevo stampato anche troppo, aver applicato alle volte moltissimo, ed essermi in somma addossato meritamente o no il nome di letterato; io rimaneva pur sempre conscio purtroppo in me stesso della mia molta ignoranza... E tra queste, voi potrete ben credere quanto mi cuocesse, e qual vergogna mi fosse l'avere scritte tante tragedie, e non aver pure mai letta neppure una delle 33 tragedie dei tre Greci, che sole delle tante loro ci restano intere. E così, di aver pizzicata alquanto la Lira Toscana, e di non aver letto mai un verso d'Anacreonte, non che di Pindaro: e più di tutto poi mi avviliva a' miei propri occhi il trovarmi perennemente Omero fra' piedi come il fonte primiero e più ricco d'ogni poesia e d'ogni sapere, e non averlo pure mai letto... In tutto l'anno 94, e 95 lessi tutto Omero due volte, tutto Esiodo, i tre Tragici ed Aristofane parimente due volte; e in prosa l'Erodoto, Tucidide, Senofonte e Polibio interi: e tutti sempre nelle traduzioni latine col testo accanto, nel quale io gittava di tempo in tempo gli sguardi con quegli stessi occhi con cui la volpe della favola andava rimirando i desiderati e proibiti grappoli. Di Greco io non conosceva altro che il puro Alfabeto, e non arrivava neppure ai dittonghi.... Magnifica lettera-memoriale, di straordinaria importanza storico-letteraria.

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ALFIERI, Vittorio. Bellissima, lunghissima (quattro pagine 4° fittissimamente vergate su carta verdina) Minuta di lettera autografa, probabilmente mancante della conclusione, a un Amico Carissimo, Firenze, 24 Giugno 1798. E' un'altra delle grandi lettere-trattato sull'arte teatrale: che, nel rispondere alle osservazioni del corrispondente su un manoscritto inviatogli dallo stesso Alfieri, espone anche - ciò che non può sorprendere nell'autore della Vita - una sapidissima autobiografia letteraria in breve: Fin dall'anno 1794, ritrovandomi compiuti gli anni 49 della mia vita animale, e quasi 20 della mia vita letteraria, ritrovandomi avere schiccherato o bene o male di gran carta, avevo stampato anche troppo, aver applicato alle volte moltissimo, ed essermi in somma addossato meritamente o no il nome di letterato; io rimaneva pur sempre conscio purtroppo in me stesso della mia molta ignoranza... E tra queste, voi potrete ben credere quanto mi cuocesse, e qual vergogna mi fosse l'avere scritte tante tragedie, e non aver pure mai letta neppure una delle 33 tragedie dei tre Greci, che sole delle tante loro ci restano intere. E così, di aver pizzicata alquanto la Lira Toscana, e di non aver letto mai un verso d'Anacreonte, non che di Pindaro: e più di tutto poi mi avviliva a' miei propri occhi il trovarmi perennemente Omero fra' piedi come il fonte primiero e più ricco d'ogni poesia e d'ogni sapere, e non averlo pure mai letto... In tutto l'anno 94, e 95 lessi tutto Omero due volte, tutto Esiodo, i tre Tragici ed Aristofane parimente due volte; e in prosa l'Erodoto, Tucidide, Senofonte e Polibio interi: e tutti sempre nelle traduzioni latine col testo accanto, nel quale io gittava di tempo in tempo gli sguardi con quegli stessi occhi con cui la volpe della favola andava rimirando i desiderati e proibiti grappoli. Di Greco io non conosceva altro che il puro Alfabeto, e non arrivava neppure ai dittonghi.... Magnifica lettera-memoriale, di straordinaria importanza storico-letteraria.