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細節
CESARE, Caio Giulio. De bello Gallico. MANOSCRITTO SU PERGAMENA.
100 cc., (275x197mm.), tipico manoscritto tardo gotico, interamente vergato in una "gotichetta" (semigotica) di buona fattura comune nell'Italia pre-umanistica con l'eccezione delle due ultime carte finali in umanistica corsiva più tarda, specchio rigato a lapis, 30 righe per pagina, fascicolazione: 1-28, 3-510, 6-88, 9-1110. NOVE CAPILETTERA filigranati miniati in rosso, blu e ocra lungo il testo in corrispondenza dell'inizio dei vari libri, segni di paragrafatura blu, rubriche e marginalia in rosso, manicule (forellini di tarlo in alcune carte, ad inizio e fine volume.) Legatura coeva in assi di cipresso ricoperta da marocchino scuro, impressioni a secco a motivi ornamentali (danneggiati e con lacune entrambi i piatti, dorso inesistente).
Postille, rubriche e integrazioni di mano umanistica; note manoscritte di possesso al contropiatto e nel testo di Alexandri Tacchi, circa sec.XVIII; timbro nobiliare di possesso nel margine inferiore della prima carta del Senatore Guarneri (Palermo, fine sec.XIX).
STRAORDINARIO MANOSCRITTO PERGAMENACEO del De Bello Gallico, completo e riccamente annotato con interessanti inserzioni, aggiunte e correzioni di mani diverse, tutte coeve. Una mano di sicuro umanistica (forse metà del secolo XV) interviene a completare il testo alle cc.99v e 100, ad inserire rubriche e marginalia in rosso, manicule, capitoli, nonché altri interventi puntuali e frequenti su singole parole erase e sostituite.
Tutta ancora da scrivere la storia della fortuna e dunque della tradizione delle opere di Cesare tra medioevo e umanesimo. Il canone scolastico altomedievale copriva la parte storica degli studi con la lettura di Lucano e Sallustio, mentre ben ridotta appariva la diffusione di altri storici, compreso Cesare. Del De bello gallico ci sono pervenute, tra i secc.IX e XII, appena 16 copie complete, niente al confronto delle 164 della Farsaglia di Lucano o dei 260 codici che tramandano la Guerra Giugurtina e la Catilinaria di Sallustio; i dati, raccolti dalla Munk Olsen (I classici nel canone scolastico altomedievale, Spoleto, 1991), evidenziano una scarsa attenzione verso l'opera di Cesare e in generale di tutti gli storici, con radi segni di nota e rissunti marginali " che potrebbero indicare come questi testi servissero principalmente da libri di consultazione o di lettura generale". La situazione migliora ma non cambia radicalmente tra XIV e XV sec. Gli umanisti includono stabilmente negli Studia Humanitatis Cesare, Sallustio e Livio, ma si può osservare come il De bello gallico fosse incluso regolarmente nel corpus cesariano, che comprendeva i commentarii sulla guerra civile, sulla guerra di Alessandria, sulla guerra africana e sulla guerra di Spagna; così venne anche presentato a stampa sino almeno al sec.XIX, inclusi i primi incunaboli a partire dalla princeps romana del 1469.
Il presente codice, anche sotto questo aspetto, rappresenta un caso interessante, tutto da studiare.
100 cc., (275x197mm.), tipico manoscritto tardo gotico, interamente vergato in una "gotichetta" (semigotica) di buona fattura comune nell'Italia pre-umanistica con l'eccezione delle due ultime carte finali in umanistica corsiva più tarda, specchio rigato a lapis, 30 righe per pagina, fascicolazione: 1-28, 3-510, 6-88, 9-1110. NOVE CAPILETTERA filigranati miniati in rosso, blu e ocra lungo il testo in corrispondenza dell'inizio dei vari libri, segni di paragrafatura blu, rubriche e marginalia in rosso, manicule (forellini di tarlo in alcune carte, ad inizio e fine volume.) Legatura coeva in assi di cipresso ricoperta da marocchino scuro, impressioni a secco a motivi ornamentali (danneggiati e con lacune entrambi i piatti, dorso inesistente).
Postille, rubriche e integrazioni di mano umanistica; note manoscritte di possesso al contropiatto e nel testo di Alexandri Tacchi, circa sec.XVIII; timbro nobiliare di possesso nel margine inferiore della prima carta del Senatore Guarneri (Palermo, fine sec.XIX).
STRAORDINARIO MANOSCRITTO PERGAMENACEO del De Bello Gallico, completo e riccamente annotato con interessanti inserzioni, aggiunte e correzioni di mani diverse, tutte coeve. Una mano di sicuro umanistica (forse metà del secolo XV) interviene a completare il testo alle cc.99v e 100, ad inserire rubriche e marginalia in rosso, manicule, capitoli, nonché altri interventi puntuali e frequenti su singole parole erase e sostituite.
Tutta ancora da scrivere la storia della fortuna e dunque della tradizione delle opere di Cesare tra medioevo e umanesimo. Il canone scolastico altomedievale copriva la parte storica degli studi con la lettura di Lucano e Sallustio, mentre ben ridotta appariva la diffusione di altri storici, compreso Cesare. Del De bello gallico ci sono pervenute, tra i secc.IX e XII, appena 16 copie complete, niente al confronto delle 164 della Farsaglia di Lucano o dei 260 codici che tramandano la Guerra Giugurtina e la Catilinaria di Sallustio; i dati, raccolti dalla Munk Olsen (I classici nel canone scolastico altomedievale, Spoleto, 1991), evidenziano una scarsa attenzione verso l'opera di Cesare e in generale di tutti gli storici, con radi segni di nota e rissunti marginali " che potrebbero indicare come questi testi servissero principalmente da libri di consultazione o di lettura generale". La situazione migliora ma non cambia radicalmente tra XIV e XV sec. Gli umanisti includono stabilmente negli Studia Humanitatis Cesare, Sallustio e Livio, ma si può osservare come il De bello gallico fosse incluso regolarmente nel corpus cesariano, che comprendeva i commentarii sulla guerra civile, sulla guerra di Alessandria, sulla guerra africana e sulla guerra di Spagna; così venne anche presentato a stampa sino almeno al sec.XIX, inclusi i primi incunaboli a partire dalla princeps romana del 1469.
Il presente codice, anche sotto questo aspetto, rappresenta un caso interessante, tutto da studiare.