RETORICA - ALFIERI, Vittorio (1749-1803). Importante, interessantissimo manoscritto letterario autografo, inedito, del grande Astigiano. Si tratta di una traduzione, parziale (comprendente tre capitoli), di un trattato di poetica di Giannantonio VOLPI (1686-1766), noto filologo classico e letterato padovano, che a suo tempo (insieme al fratello Gaetano) aveva dato vita alle celebri edizioni "cominiane" (così chiamate da Giuseppe Comino): il Liber de utilitate poeticis (edito appunto a Padova, presso Comino, nel 1743). Il manoscritto occupa le prime 186 pagine 8° (n.n.) di un fascicolo di buona carta, legato in tutta pelle (al dorso, in oro, RACCOL. PROSE) e raccolto, a sua volta, in un astuccio tutta pelle (contenente una serie di expertises ottocenteschi, fra i quali quello di Isidoro DEL LUNGO, comprovanti l'autografia e la novità del manoscritto alfieriano). La grafia, ordinata e di dimensione assai grande, con rare e assai chiare correzioni interlineari della s
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RETORICA - ALFIERI, Vittorio (1749-1803). Importante, interessantissimo manoscritto letterario autografo, inedito, del grande Astigiano. Si tratta di una traduzione, parziale (comprendente tre capitoli), di un trattato di poetica di Giannantonio VOLPI (1686-1766), noto filologo classico e letterato padovano, che a suo tempo (insieme al fratello Gaetano) aveva dato vita alle celebri edizioni "cominiane" (così chiamate da Giuseppe Comino): il Liber de utilitate poeticis (edito appunto a Padova, presso Comino, nel 1743). Il manoscritto occupa le prime 186 pagine 8° (n.n.) di un fascicolo di buona carta, legato in tutta pelle (al dorso, in oro, RACCOL. PROSE) e raccolto, a sua volta, in un astuccio tutta pelle (contenente una serie di expertises ottocenteschi, fra i quali quello di Isidoro DEL LUNGO, comprovanti l'autografia e la novità del manoscritto alfieriano). La grafia, ordinata e di dimensione assai grande, con rare e assai chiare correzioni interlineari della stessa mano e di tratto piú minuto - dunque apparentemente approntata per una stampa - corre nella versione italiana alle pagine pari; a fronte, alle dispari, il testo originale latino diligentemente trascritto. Come si legge in uno degli scritti d'accompagnamento (di pugno di D. Giuseppe di Casale Monferrato scopritore e possessore dell'autografo), lo stile della versione è robusto e tutti i letterati che la lessero, furono unanimi nell'asserire che lo stile non è indegno d'Alfieri. L'opera è interessante non solo per documentare l'evoluzione della poetica alfieriana (per es. si legga un passo come il seguente: Perciocché delle cose sublimi, e divine, a cui la natura dell'uomo non può per la sua fiacchezza arrivare, o comprenderle in alcun modo, pare che sia miglior interprete la favola, che il dir chiaro, ed aperto. Senza che sogliono gli uomini far poco conto delle cose, che esposte sono alla vista di tutti; e, quelle, che sono astruse, e lontane dagli occhi, e dallo sguardo, averle in venerazione, e grandemente ammirarle come auguste, e sacre), ma anche perché, ospitando ampie citazioni da componimenti classici, permette all'Astigiano di esercitarsi, oltre che sul latino accademico, sia pur non privo di una sua eleganza, del Volpi, anche su esemplari cruciali della grande tradizione in versi e in prosa quali Catullo, Livio, Virgilio, eccetera (per es. il carm. 22 di Catullo: Ne egli è mai sì lieto di sua sorta, come quando è inteso a fare qualche poetico componimento. Tanto seco stesso in suo cuore si allegra tanto gongola d'allegrezza, e tanto e' si vagheggia). Inedito di grande interesse, e documento importante per ricostruire l'apprendistato poetico e la riflessione teorica di uno degli scrittori più consapevoli della sua epoca: non solo in Italia.

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RETORICA - ALFIERI, Vittorio (1749-1803). Importante, interessantissimo manoscritto letterario autografo, inedito, del grande Astigiano. Si tratta di una traduzione, parziale (comprendente tre capitoli), di un trattato di poetica di Giannantonio VOLPI (1686-1766), noto filologo classico e letterato padovano, che a suo tempo (insieme al fratello Gaetano) aveva dato vita alle celebri edizioni "cominiane" (così chiamate da Giuseppe Comino): il Liber de utilitate poeticis (edito appunto a Padova, presso Comino, nel 1743). Il manoscritto occupa le prime 186 pagine 8° (n.n.) di un fascicolo di buona carta, legato in tutta pelle (al dorso, in oro, RACCOL. PROSE) e raccolto, a sua volta, in un astuccio tutta pelle (contenente una serie di expertises ottocenteschi, fra i quali quello di Isidoro DEL LUNGO, comprovanti l'autografia e la novità del manoscritto alfieriano). La grafia, ordinata e di dimensione assai grande, con rare e assai chiare correzioni interlineari della stessa mano e di tratto piú minuto - dunque apparentemente approntata per una stampa - corre nella versione italiana alle pagine pari; a fronte, alle dispari, il testo originale latino diligentemente trascritto. Come si legge in uno degli scritti d'accompagnamento (di pugno di D. Giuseppe di Casale Monferrato scopritore e possessore dell'autografo), lo stile della versione è robusto e tutti i letterati che la lessero, furono unanimi nell'asserire che lo stile non è indegno d'Alfieri. L'opera è interessante non solo per documentare l'evoluzione della poetica alfieriana (per es. si legga un passo come il seguente: Perciocché delle cose sublimi, e divine, a cui la natura dell'uomo non può per la sua fiacchezza arrivare, o comprenderle in alcun modo, pare che sia miglior interprete la favola, che il dir chiaro, ed aperto. Senza che sogliono gli uomini far poco conto delle cose, che esposte sono alla vista di tutti; e, quelle, che sono astruse, e lontane dagli occhi, e dallo sguardo, averle in venerazione, e grandemente ammirarle come auguste, e sacre), ma anche perché, ospitando ampie citazioni da componimenti classici, permette all'Astigiano di esercitarsi, oltre che sul latino accademico, sia pur non privo di una sua eleganza, del Volpi, anche su esemplari cruciali della grande tradizione in versi e in prosa quali Catullo, Livio, Virgilio, eccetera (per es. il carm. 22 di Catullo: Ne egli è mai sì lieto di sua sorta, come quando è inteso a fare qualche poetico componimento. Tanto seco stesso in suo cuore si allegra tanto gongola d'allegrezza, e tanto e' si vagheggia).
Inedito di grande interesse, e documento importante per ricostruire l'apprendistato poetico e la riflessione teorica di uno degli scrittori più consapevoli della sua epoca: non solo in Italia.
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