Giovanni Francesco Romanelli (Viterbo 1610-1662)
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Giovanni Francesco Romanelli (Viterbo 1610-1662)

Galatea

細節
Giovanni Francesco Romanelli (Viterbo 1610-1662)
Galatea
olio su tela
198 x 298 cm.
注意事項
Where there is no symbol Christie's generally sells lots under the Margin Scheme. The final price charged to Buyer's for each lot, is calculated in the following way: 24% on the hammer price of the first € 150,000,00 18.5% on the hammer price for any amount in excess of € 150,000,00.

拍品專文

Siamo grati alla Dr. Ursula Fischer Pace per averci confermato l'attribuzione a Romanelli dopo aver studiato il presente dipinto in originale (comunicazione verbale, 24 ottobre 2005). Secondo la studiosa, l'opera qui offerta appartiene alla piena maturità dell'artista, all'epoca degli affreschi di Palazzo Lante a Roma (1653, cf. I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma, 1970, pp. 70-71, 324-329, figg. 270-277).
Allievo di Pietro da Cortona, con cui collaborò a Palazzo Barberini a partire dal 1631, Romanelli si allontanò dal maestro fin dal 1636-37 grazie al sostegno dei Barberini e al favore di Gianlorenzo Bernini, ricevendo prestigiosi incarichi per la decorazione dei Palazzi Apostolici e di un altare in San Pietro. Durante il pontificato di Urbano VIII Barberini eseguì l'affresco con 'Arione' in Palazzo Costaguti, che dal punto di vista compositivo costituisce un precedente dell'opera in esame. Alla morte del Pontefice, fu introdotto dal cardinale Francesco Barberini a Parigi (1646), dove affrescò la galleria della nuova residenza del cardinale Mazzarino, destinata ad ospitare la collezione d'arte del prelato (oggi Galerie Mazarine, Bibliothèque Nazionale). Rientrato a Roma nel 1648, nel corso di un secondo soggiorno parigino dipinse nel 1655 l'Appartamento d'Anna d'Austria nel Louvre. Al suo ritorno in Italia fu attivo a Roma e a Viterbo.
Il soggetto del presente dipinto è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (XIII, 750-897), ed è un topos dell'iconografia rinascimentale e barocca sin dal canone costituito dall'affresco di tal soggetto di Raffaello a Roma, Villa Farnesina (1511). La ninfa marina Galatea incede trionfalmente sul suo monumentale cocchio a forma di conchiglia, trainato da delfini; la circondano tritoni, ninfe e amorini, mentre al margine sinistro un tritone rapisce una ninfa che afferra tra le mani un ramo di corallo, particolare che sembra alludere al mito di Corallo, secondo un sincretismo praticato da molti esponenti del classicismo (cf. Ovidio, cit., IV, 740 ss.).
Il presente dipinto denota elementi stilistici riconducibili alla grande tradizione del classicismo romano di età barocca, esemplata su prototipi di Reni e di Domenichino e aggiornata allo stile di corte francese, che Romanelli ebbe modo di studiare durante i suoi soggiorni parigini e che in parte lui stesso influenzò con il suo operato. L'enfasi barocca di Cortona risulta semplificata e rarefatta in una sintesi personale, ricca di riferimenti eruditi e di ricordi neoraffaelleschi - sul gusto di Cortona sembra plasmato il trono e il panneggio di Galatea, mentre l'invenzione evoca il celebre affresco della Farnesina. Nella grande composizione spiccano la vivacità e la decisione del tocco nelle acconciature delle figure femminili e di quelle dei tritoni, intrecciate a foglie.
Come ha osservato Hermann Voss, il presente dipinto rientra nel novero delle opere del maestro viterbese la cui caratteristica più evidente è "l'uso statico e geometrico di tutte le componenti, qualità questa che non conferisce mai alle sue opere l'impressione del movimento, dell'ammasso pittorico, ma viceversa un carattere molto omogeneo, quasi solenne" (cf. H. Voss, La pittura del barocco a Roma, a cura di A. G. De Marchi, Venezia, 1999, p. 362).
Di Romanelli la Christie's ha venduto a Londra una 'Fuga di Enea da Troia' (10-XII-2003, lotto 87), che ha totalizzato 442,050.00 sterline (651,079.09 euro; record mondiale per un'opera del pittore).