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Le opere della serie nota come "Giardini di Miciurin" sviluppata da Turcato tra il 1952 (prima mostra alla Galleria La Cassapanca di Roma con presentazione di E. Prampolini; successivamente alla Galleria Il Naviglio di Milano, 1953, con presentazione di A. Trombadori) ed il 1954, costituiscono una tappa fondamentale dello sviluppo in senso astratto dell'opera di Turcato.
Da De Marchis, 1971, cit.: " I titoli di queste opere, conosciuti anche come Miciuriana, Meli di Miciurin, si riferiscono al nome del noto biologo russo. Sono dipinti che conservando le ipotesi pittoriche che sono alla base del precedente lavoro di Turcato, obbediscono tuttavia ad una esigenza di semplificazione formale. La lezione cromatica dei Fauves (cui si aggiunge forse quella di Picasso colorista guardato con occhi diversi da quelli del picassismo italiano) è diventata parte integrante dello stile "astratto" di Turcato. La composizione si frammenta su tutta la superficie senza riserve mentali, senza cioè che i contorni, che definiscono le forme, segnino le linee di una scomposizione spaziale di tipo neocubista; è piuttosto una partitura in cui si ripetono, in un incastro continuo, forme libere ed elementari (ma lontane da ogni limite sintattico del repertorio geometrico) risolvendo certi attriti tra segno, immagine e spazio che si potevano rilevare in opere precedenti.
La posizione di scarto assunta da Turcato rispetto al dilemma realismo-astrattismo si risolve nell'identificazione di realtà e pittura, dove la seconda, formulandola, determina conoscitivamente la prima: una pittura dunque che non "astrae" dalla realtà, ma neppure la identifica con la moglie legittima del vergo figurativo di tradizione ottocentesca, di fronte a cui gli astratto-geometrici avevano scelto l'astinenza e gli astratto-concreti l'adulterio".
Da De Marchis, 1971, cit.: " I titoli di queste opere, conosciuti anche come Miciuriana, Meli di Miciurin, si riferiscono al nome del noto biologo russo. Sono dipinti che conservando le ipotesi pittoriche che sono alla base del precedente lavoro di Turcato, obbediscono tuttavia ad una esigenza di semplificazione formale. La lezione cromatica dei Fauves (cui si aggiunge forse quella di Picasso colorista guardato con occhi diversi da quelli del picassismo italiano) è diventata parte integrante dello stile "astratto" di Turcato. La composizione si frammenta su tutta la superficie senza riserve mentali, senza cioè che i contorni, che definiscono le forme, segnino le linee di una scomposizione spaziale di tipo neocubista; è piuttosto una partitura in cui si ripetono, in un incastro continuo, forme libere ed elementari (ma lontane da ogni limite sintattico del repertorio geometrico) risolvendo certi attriti tra segno, immagine e spazio che si potevano rilevare in opere precedenti.
La posizione di scarto assunta da Turcato rispetto al dilemma realismo-astrattismo si risolve nell'identificazione di realtà e pittura, dove la seconda, formulandola, determina conoscitivamente la prima: una pittura dunque che non "astrae" dalla realtà, ma neppure la identifica con la moglie legittima del vergo figurativo di tradizione ottocentesca, di fronte a cui gli astratto-geometrici avevano scelto l'astinenza e gli astratto-concreti l'adulterio".