拍品專文
Quest'opera, eseguita nel 1961 da Lucio Fontana nell'appartamento di Costantino e Ruth Nivola a New York, presenta alcuni squarci che, assieme ai tagli e ai buchi, rappresentano gli elementi più caratteristici della produzione dell'artista. Questi squarci appaiono circondati da un segno grafico che, pur seguendo approssimativamente il contorno della tela tende a una forma curvilinea, organica. La semplicità primordiale di questa traccia anticipa i profili ovoidali presenti in molte opere successive mantenendone il significato simbolico generativo.
In questa tela di grande purezza gli elementi sono ridotti al minimo in modo che su di essi si concentri la massima attenzione: una superficie monocroma, gli squarci elegantemente disposti in colonna lungo la linea centrale, l'elementare linea curva, infine firma e dedica a movimentare una composizione altrimenti troppo statica e simmetrica. L'aggiunta di altri elementi avrebbe rischiato di essere fuorviante, mentre l'artista vuole che l'attenzione si concentri soprattutto sui buchi, inquadrati dal segno grafico che li rende ancora più evidenti. La logica creativa sottesa a un'opera come questa era riassunta perfettamente dall'artista stesso quando dichiarava che "io buco, passa l'infinito di lì, passa la luce, non c'è bisogno di dipingere". Il superamento della necessità di dipingere e l'insistenza su categorie assolute come la luce e lo spazio riporta a tutta la sua importanza il gesto di forare la tela e motiva anche l'altra affermazione dell'artista che sosteneva (con una certa ironia ma anche con una grande consapevolezza) che il suo contributo più originale e significativo alla storia dell'arte era stato "inventare" il buco. Il gesto liberatorio di bucare la tela, giudicato da molti (all'epoca e anche in seguito) incomprensibile o pretestuoso, continua ancora oggi a rivelare una portata simbolica largamente inesplorata. Il passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità, la distruzione della barriera posta davanti allo sguardo dello spettatore e la possibilità di mettere in comunicazione due infiniti separati dal diaframma della tela sono operazioni di una modernità sconcertante: la freschezza tuttora attuale delle sue opere e il ruolo di maestro attribuitogli da molti artisti delle generazioni successive lo testimoniano appieno.
Anche il rapporto con la luce è in Fontana calibratissimo e rivelatore. Anche in questo caso Fontana sceglie la realtà e rifiuta ogni tentazione mimetica analizzando il rapporto tra la tela bianca e luminosa e gli squarci, letteralmente "buchi neri" che assorbono la luce e lo sguardo dello spettatore.
L'arte, in un discorso millenario, aveva utilizzato la tela per rappresentare spazi illusorii e aveva nascosto lo spazio reale fino all'arrivo di Fontana che lo ha conquistato. Opere come questa operano anche un altro paradossale rovesciamento, rendendo protagonista un vuoto: la tela ha importanza solo in quanto ne traccia il perimetro e lo rende evidente; l'assenza della materia diventa presenza.
In questa tela di grande purezza gli elementi sono ridotti al minimo in modo che su di essi si concentri la massima attenzione: una superficie monocroma, gli squarci elegantemente disposti in colonna lungo la linea centrale, l'elementare linea curva, infine firma e dedica a movimentare una composizione altrimenti troppo statica e simmetrica. L'aggiunta di altri elementi avrebbe rischiato di essere fuorviante, mentre l'artista vuole che l'attenzione si concentri soprattutto sui buchi, inquadrati dal segno grafico che li rende ancora più evidenti. La logica creativa sottesa a un'opera come questa era riassunta perfettamente dall'artista stesso quando dichiarava che "io buco, passa l'infinito di lì, passa la luce, non c'è bisogno di dipingere". Il superamento della necessità di dipingere e l'insistenza su categorie assolute come la luce e lo spazio riporta a tutta la sua importanza il gesto di forare la tela e motiva anche l'altra affermazione dell'artista che sosteneva (con una certa ironia ma anche con una grande consapevolezza) che il suo contributo più originale e significativo alla storia dell'arte era stato "inventare" il buco. Il gesto liberatorio di bucare la tela, giudicato da molti (all'epoca e anche in seguito) incomprensibile o pretestuoso, continua ancora oggi a rivelare una portata simbolica largamente inesplorata. Il passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità, la distruzione della barriera posta davanti allo sguardo dello spettatore e la possibilità di mettere in comunicazione due infiniti separati dal diaframma della tela sono operazioni di una modernità sconcertante: la freschezza tuttora attuale delle sue opere e il ruolo di maestro attribuitogli da molti artisti delle generazioni successive lo testimoniano appieno.
Anche il rapporto con la luce è in Fontana calibratissimo e rivelatore. Anche in questo caso Fontana sceglie la realtà e rifiuta ogni tentazione mimetica analizzando il rapporto tra la tela bianca e luminosa e gli squarci, letteralmente "buchi neri" che assorbono la luce e lo sguardo dello spettatore.
L'arte, in un discorso millenario, aveva utilizzato la tela per rappresentare spazi illusorii e aveva nascosto lo spazio reale fino all'arrivo di Fontana che lo ha conquistato. Opere come questa operano anche un altro paradossale rovesciamento, rendendo protagonista un vuoto: la tela ha importanza solo in quanto ne traccia il perimetro e lo rende evidente; l'assenza della materia diventa presenza.