Lot Essay
Realizzata nel 1959, questa tela di grandi dimensioni rappresenta uno dei più riusciti esempi della serie degli "inchiostri", opere realizzate da Fontana utilizzando colori all'anilina che gli permettevano di ottenere toni uniformemente soffusi e ambientazioni liriche e suggestive.
Nel 1959 Fontana, pur avendo già sessant'anni, una lunghissima carriera alle spalle e un successo internazionale ormai consolidato (era già celebre come scultore prima della seconda guerra mondiale) continuava a sperimentare incessantemente. In quell'anno infatti comincia a produrre i cicli delle "nature e dei "tagli" e proprio il confronto tra queste serie e l'opera che presentiamo rivela la capacità dell'artista di lavorare contemporaneamente su temi formali molto distanti, contrapposti polarmente. Fontana conduceva infatti parallelamente cicli diversi, adeguando la sua creatività a esigenze totalmente opposte.
Colpisce ad esempio il contrasto tra la massiccia fisicità delle "nature", la loro presenza opaca e prepotente e la levità immateriale del colore negli "inchiostri". In essi il colore entra a far parte della tela, che lo assorbe completamente; non sono più due entità distinte, ma si compenetrano in una unità. Fontana comincia la produzione degli "inchiostri" in contemporaneità con le sperimentazioni di Helen Frankenthaler, Morris Louis o Kenneth Noland negli Stati Uniti, che pure utilizzavano tecniche in cui il materiale pittorico, anziché formare uno strato sovrapposto rispetto alla tela, la compenetra completamente.
D'altra parte le fasce di colore liberamente stese di questo Concetto Spaziale si contrappongono anche ai monocromi decisi dei "tagli", distiguendosi per una atmosfera impalpabile e misteriosa. D'altra parte la purezza intellettuale e la precisione chirurgica del taglio è molto distante dalla libertà nell'esecuzione che porta alla costellazione di piccoli buchi che appaiono nella metà destra del dipinto. La composizione è anche qui molto calibrata, come nei migliori "tagli", ma l'esecuzione è più spontanea e lascia una parte maggiore al caso.
Il fatto di condurre contemporaneamente multipli filoni di ricerca, unificati da una visione molto chiara testimonia l'inesausta vitalità creativa dell'artista e un modo di procedere in cui gli opposti non si escludono, ma si confrontano e si rafforzano a vicenda.
Anche la riflessione che Fontana dedica allo spazio oscilla tra due polarità: lo spazio cosmico e lo spazio (simbolico e reale) dell'opera d'arte. Quest'opera evidenzia l'importanza che queste due dimensioni spaziali avevano per l'artista e la sua capacità di unificarle.
Fontana era infatti affascinato dai corpi celesti, dalle costellazioni, dal silenzio in cui erano immersi stelle e pianeti vecchi di milioni di anni, e questa tela evoca effettivamente un silenzio cosmico, l'apparente immobilità degli spazi siderali. Tuttavia, quanto è fondamentale nella ricerca di Fontana lo spazio astronomico, altrettanto lo è lo spazio concreto in cui sono immerse le sue tele e le sue sculture. Si è a lungo insistito sul ruolo che hanno buchi (prima ancora dei tagli) nel mettere in comunicazione lo spazio che sta dietro la tela e quello che le sta davanti. La tela cessa di essere uno schermo impermeabile contro cui si interrompe lo sguardo dello spettatore; il buco circonda, delimita, rende visibile e concreto lo spazio, sottolineandone la presenza così come avviene in questa evocativa e delicata tela.
Nel 1959 Fontana, pur avendo già sessant'anni, una lunghissima carriera alle spalle e un successo internazionale ormai consolidato (era già celebre come scultore prima della seconda guerra mondiale) continuava a sperimentare incessantemente. In quell'anno infatti comincia a produrre i cicli delle "nature e dei "tagli" e proprio il confronto tra queste serie e l'opera che presentiamo rivela la capacità dell'artista di lavorare contemporaneamente su temi formali molto distanti, contrapposti polarmente. Fontana conduceva infatti parallelamente cicli diversi, adeguando la sua creatività a esigenze totalmente opposte.
Colpisce ad esempio il contrasto tra la massiccia fisicità delle "nature", la loro presenza opaca e prepotente e la levità immateriale del colore negli "inchiostri". In essi il colore entra a far parte della tela, che lo assorbe completamente; non sono più due entità distinte, ma si compenetrano in una unità. Fontana comincia la produzione degli "inchiostri" in contemporaneità con le sperimentazioni di Helen Frankenthaler, Morris Louis o Kenneth Noland negli Stati Uniti, che pure utilizzavano tecniche in cui il materiale pittorico, anziché formare uno strato sovrapposto rispetto alla tela, la compenetra completamente.
D'altra parte le fasce di colore liberamente stese di questo Concetto Spaziale si contrappongono anche ai monocromi decisi dei "tagli", distiguendosi per una atmosfera impalpabile e misteriosa. D'altra parte la purezza intellettuale e la precisione chirurgica del taglio è molto distante dalla libertà nell'esecuzione che porta alla costellazione di piccoli buchi che appaiono nella metà destra del dipinto. La composizione è anche qui molto calibrata, come nei migliori "tagli", ma l'esecuzione è più spontanea e lascia una parte maggiore al caso.
Il fatto di condurre contemporaneamente multipli filoni di ricerca, unificati da una visione molto chiara testimonia l'inesausta vitalità creativa dell'artista e un modo di procedere in cui gli opposti non si escludono, ma si confrontano e si rafforzano a vicenda.
Anche la riflessione che Fontana dedica allo spazio oscilla tra due polarità: lo spazio cosmico e lo spazio (simbolico e reale) dell'opera d'arte. Quest'opera evidenzia l'importanza che queste due dimensioni spaziali avevano per l'artista e la sua capacità di unificarle.
Fontana era infatti affascinato dai corpi celesti, dalle costellazioni, dal silenzio in cui erano immersi stelle e pianeti vecchi di milioni di anni, e questa tela evoca effettivamente un silenzio cosmico, l'apparente immobilità degli spazi siderali. Tuttavia, quanto è fondamentale nella ricerca di Fontana lo spazio astronomico, altrettanto lo è lo spazio concreto in cui sono immerse le sue tele e le sue sculture. Si è a lungo insistito sul ruolo che hanno buchi (prima ancora dei tagli) nel mettere in comunicazione lo spazio che sta dietro la tela e quello che le sta davanti. La tela cessa di essere uno schermo impermeabile contro cui si interrompe lo sguardo dello spettatore; il buco circonda, delimita, rende visibile e concreto lo spazio, sottolineandone la presenza così come avviene in questa evocativa e delicata tela.