Lot Essay
"... è la volta dei coloranti acrilici, i cui registri di variazioni timbriche sono praticamente illimitati, e questa volta non si tratta più di confrontare arte e materia, ma di conservare funzione artistica a materie che, come i colori, sono sempre state proprie dell'arte. L'infinita molteplicità dei punti di colore resi disponibili dall'industria chimica si accompagna all'indubbia purezza e intensità, ma anche all'invariabilità e all'indeclinabilità tonale: donde la necessità di trovare un altro principio strutturale non solo per dare ordine ma per suscitare un'energia motoria in quelle materie costituzionalmente inerti.
Proponendosi di operare entro l'ambito fenomenico della pittura, cioè della sua storia, Burri procede a una serie di riduzioni.
La prima concerne il quadro, che non è più sezione né illusione di profondità e a rigore neppure uno schermo di proiezione, ma una superficie sulla quale sagome colorate di taglio e grandezze differenti formano patterns di ritmi e controritmi più rapidi e più lenti, che si sovrappongono come le linee melodiche in una musica polifonica.
La seconda concerne il colore: il suo registro è illimitato, ma va accettato per quello che è, con la sua costituzionale incapacità di vibrazione, di trasparenza, di spessore, di riflessi e di cangianti, di reazioni alla luce, di evocazione naturalistica. L'azzurro non ha più nulla a che fare col cielo, il verde con l'erba, e neppure il bianco con la luce o il nero con l'oscurità. La materia colorante non fa strato, per la sua liquidità viene immediatamente bevuta dal supporto; asciuga e indurisce rapidamente, si segmenta in zone brillanti e opache, combacia senza sfumare con le zone vicine, come i marmi ritagliati dell'opus sectile.
La terza riduzione interessa il fascio delle linee ritmiche che, dopo aver compiuta la fase cromatica di un quadro, passano nei successivi, facendosi più fitte o più rade, mutando corso e direzione, dilagando o assottigliandosi. Il moto che si genera dalla varietà dei colori e della loro disposizione, dal passaggio dalle ampie stesure ai rivoli scorrenti, al ritaglio, allo scampolo viene come congelato, bloccato sul piano. L'emergente evidenza dell'immagine ferma la corsa dei ritmi in una proporzionalità asimmetrica e basta questo arresto per far salire la sonorità dei timbri ai massimi livelli."
(G. C. Argan, Burri Sestante, Milano 1983)
Proponendosi di operare entro l'ambito fenomenico della pittura, cioè della sua storia, Burri procede a una serie di riduzioni.
La prima concerne il quadro, che non è più sezione né illusione di profondità e a rigore neppure uno schermo di proiezione, ma una superficie sulla quale sagome colorate di taglio e grandezze differenti formano patterns di ritmi e controritmi più rapidi e più lenti, che si sovrappongono come le linee melodiche in una musica polifonica.
La seconda concerne il colore: il suo registro è illimitato, ma va accettato per quello che è, con la sua costituzionale incapacità di vibrazione, di trasparenza, di spessore, di riflessi e di cangianti, di reazioni alla luce, di evocazione naturalistica. L'azzurro non ha più nulla a che fare col cielo, il verde con l'erba, e neppure il bianco con la luce o il nero con l'oscurità. La materia colorante non fa strato, per la sua liquidità viene immediatamente bevuta dal supporto; asciuga e indurisce rapidamente, si segmenta in zone brillanti e opache, combacia senza sfumare con le zone vicine, come i marmi ritagliati dell'opus sectile.
La terza riduzione interessa il fascio delle linee ritmiche che, dopo aver compiuta la fase cromatica di un quadro, passano nei successivi, facendosi più fitte o più rade, mutando corso e direzione, dilagando o assottigliandosi. Il moto che si genera dalla varietà dei colori e della loro disposizione, dal passaggio dalle ampie stesure ai rivoli scorrenti, al ritaglio, allo scampolo viene come congelato, bloccato sul piano. L'emergente evidenza dell'immagine ferma la corsa dei ritmi in una proporzionalità asimmetrica e basta questo arresto per far salire la sonorità dei timbri ai massimi livelli."
(G. C. Argan, Burri Sestante, Milano 1983)