Lot Essay
Concetto spaziale, Attese, eseguito nel 1967, rappresenta una delle più eleganti espressioni dello Spazialismo, il movimento di cui Lucio Fontana è stato il pioniere e il fondatore. I 4 tagli di quest'opera costituiscono la firma calligrafica dell'artista, la soluzione di una serie di problemi da lui posti nel secondo dopoguerra e genialmente risolti. Disposti quasi simmetricamente, essi rispettano, come sempre in Fontana, un ordine non rigidamente geometrico, ma visuale. Il risultato è avvertito dall'occhio come un sostanziale equilibrio vivificato da impercettibili variazioni.
Col movimento ritmico del braccio, immortalato e reso eterno in queste tele, Fontana ha creato opere di aspetto contemporaneamente iconico e iconoclasta. Tagliando la tela ha reso evidente il superamento di questo supporto tradizionale, reso obsoleto nel mondo contemporaneo dall'avanzare della scienza. Ha inoltre enfatizzato l'oggettività del dipinto: la tela non ospita più la finzione di un mondo, ma diventa essa stessa tridimensionale, passando da superficie piatta a entità quasi scultorea.
Scegliendo di denominare il movimento Spazialismo, l'artista opera una scelta precisa in favore della parola 'spazio'. In Fontana, come chiariscono i titoli sempre ripetuti, non è l'oggetto a costituire l'essenza dell'opera, ma il concetto di spazio che esso suggerisce. Rivelando lo spazio, Fontana crea impossibili sculture, spazi intangibili, invisibili e indistruttibili, monumenti astratti. Il taglio diventa il portale verso profondità immense verso cui lo spettatore è attratto, una scheggia di infinito su cui meditare. Come l'artista stesso ha riassunto egregiamente: 'Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare. Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un'impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell'infinito' (cit. E. Crispolti, Lucio Fontana: Catalogo ragionato di dipinti, sculture, ambientazioni, vol. I, Milan 2006, p. 104).
Col movimento ritmico del braccio, immortalato e reso eterno in queste tele, Fontana ha creato opere di aspetto contemporaneamente iconico e iconoclasta. Tagliando la tela ha reso evidente il superamento di questo supporto tradizionale, reso obsoleto nel mondo contemporaneo dall'avanzare della scienza. Ha inoltre enfatizzato l'oggettività del dipinto: la tela non ospita più la finzione di un mondo, ma diventa essa stessa tridimensionale, passando da superficie piatta a entità quasi scultorea.
Scegliendo di denominare il movimento Spazialismo, l'artista opera una scelta precisa in favore della parola 'spazio'. In Fontana, come chiariscono i titoli sempre ripetuti, non è l'oggetto a costituire l'essenza dell'opera, ma il concetto di spazio che esso suggerisce. Rivelando lo spazio, Fontana crea impossibili sculture, spazi intangibili, invisibili e indistruttibili, monumenti astratti. Il taglio diventa il portale verso profondità immense verso cui lo spettatore è attratto, una scheggia di infinito su cui meditare. Come l'artista stesso ha riassunto egregiamente: 'Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare. Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un'impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell'infinito' (cit. E. Crispolti, Lucio Fontana: Catalogo ragionato di dipinti, sculture, ambientazioni, vol. I, Milan 2006, p. 104).