Lot Essay
Questo bellissimo dipinto, inedito e privo di documentata provenienza, costituisce un'aggiunta importante ed inaspettta al catalogo di Giulio Cesare Procaccini. L'artista torna a declinare un tema più volte affrontato nel corso della sua carriera milanese, a partire dalla pala eseguita nel 1609 per la chiesa di Santa Maria presso San Celso (Bruxelles, Musées Royaux des Beaux Arts) fino al tempo estremo della sua attività. L'inventario del suo studio, redatto poco dopo la morte avvenuta il 14 novembre del 1625, ricorda infatti al numero 11 "un quadro d'uno sbozo di Sto Sebastiano" e, al numero 20, una tela raffigurante il medesimo santo "tenuto da un angelo con doi puttini" nel quale si è voluto attendibilmente identificare una delle due tele di uguale soggetto nel museo del Castello Sforzesco a Milano (cfr. S. Coppa, in Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco. A cura di M.T. Fiorio, III, Milano 1999, n. 654). In tutte, rigorosamente assente la devota Irene, il giovane martire è accudito da un angelo appena adolescente, accorso a rimuovere le frecce che ne trafiggono le membra tornite e a sciogliere i lacci che lo trattengono, mentre uno o più angeli poco più che bambini ne equilibrano il volume, commentando la scena. Evidente il rapporto con il tema della Deposizione dalla Croce, ed è appunto alle diverse versioni del Cristo deposto (Edimburgo, National Gallery of Scotland; Mosca, Museo Puskin; Londra, Matthiesen Galleries) che il San Sebastiano raffigurato nel nostro dipinto appare direttamente confrontabile.
Difficile proporre una datazione per un dipinto "da stanza" non supportato da citazioni di guide o da pagamenti, soprattutto nel caso di un artista come Giulio Cesare Procaccini, la cui cronologia è stata oggetto di ricostruzioni ipotetiche quanto mai diverse a partire dai primi studi di Nikolaus Pevsner fino ai più recenti contributi di Hugh Brigstocke
Varie considerazioni, ma soprattutto la stesura larga del colore arrossato e il rigore del chiaroscuro, insieme all'atmosfera meditativa che pervade la scena, per così dire senza "attione", inducono a collocare il nostro dipinto nei primi anni del terzo decennio del Seicento o appena prima, a ridosso del soggiorno genovese. Motivi specifici suggeriscono confronti con opere di quel periodo, quale ad esempio il bellissimo volto del nostro angelo, virtualmente sovrapponibile a quello della Madonna già in collezione Carrega, datata da Brigstocke intorno al 1618-20 (Giulio Cesare Procaccini et Daniele Crespi: nouvelles découvertes, in "Revue de l'Art" 48, 1980, pp. 30-39, fig. 7).
Difficile proporre una datazione per un dipinto "da stanza" non supportato da citazioni di guide o da pagamenti, soprattutto nel caso di un artista come Giulio Cesare Procaccini, la cui cronologia è stata oggetto di ricostruzioni ipotetiche quanto mai diverse a partire dai primi studi di Nikolaus Pevsner fino ai più recenti contributi di Hugh Brigstocke
Varie considerazioni, ma soprattutto la stesura larga del colore arrossato e il rigore del chiaroscuro, insieme all'atmosfera meditativa che pervade la scena, per così dire senza "attione", inducono a collocare il nostro dipinto nei primi anni del terzo decennio del Seicento o appena prima, a ridosso del soggiorno genovese. Motivi specifici suggeriscono confronti con opere di quel periodo, quale ad esempio il bellissimo volto del nostro angelo, virtualmente sovrapponibile a quello della Madonna già in collezione Carrega, datata da Brigstocke intorno al 1618-20 (Giulio Cesare Procaccini et Daniele Crespi: nouvelles découvertes, in "Revue de l'Art" 48, 1980, pp. 30-39, fig. 7).