Lot Essay
Secondo Ryley Marshall questa 'Veduta del Pantheon' "is the only extant example of the kind of dictactic pictures Codazzi painted in Naples for the Buen Retiro. He may already have painted the subject in Naples", dunque entro il 1647, anno del suo spostamento a Roma, o piú probabilmente tra il 1647 ed il 1650 circa. Per G. Briganti - L. Laureati - L. Trezzani (op. cit.) l'esattezza nel raffigurare gli scorci urbani a sinistra del monumento è analoga a quella individuabile in opere napoletane come 'La rivolta di Masaniello' a Roma, Galleria Spada, del 1647-48 (cfr. D. Ryley Marshall, op. cit. VC 68, pp. 170-171). Codazzi ha optato varie volte per la rappresentazione di monumenti classici in sezione, come ad esempio nel 'Colosseo' realizzato per il Casón del Buen Retiro (cfr. Ryley Marshall, op. cit., VC 5, pp. 70-73), ma nel presente dipinto - al contrario che per il 'Colosseo' - la sezione taglia le pareti del monumento in modo astratto, senza simulare una naturalizzazione della cesura operata sull'edificio. L'opera è 'didattica' in quanto chiaramente ispirata ad incisioni del Pantheon, in cui l'uso della sezione serve a fornire contemporaneamente gli elementi costitutivi dell'interno e dell'esterno dell'edificio rappresentato. Ryley Marshall cita come fonti di ispirazione per il dipinto incisioni del Pantheon di Andrea Palladio, di Sebastiano Serlio, di Antoine Lafréry e soprattutto di Giovanni Antonio Dosio, sapientemente combinate da Codazzi in modo da riprendere da ognuna di queste stampe specifici elementi di enfatizzazione dei principali dettagli architettonici del monumento. Peraltro sembra che il gusto di accrescere mediante la sezione architettonica l'impianto fantastico di questo tipo di rappresentazioni sia riconducibile anche alla serie dei templi e sepolcri romani incisa da Giovanni Battista Montani (1534-1621), che inseriva ampie divagazioni fantastiche nei suoi monumenti, visti simultaneamente in pianta e in sezione. Codazzi può ben aver conosciuto la raccolta di Montani, che influì persino sullo sviluppo della personalità artistica di Borromini (cfr. A. Blunt, Borromini, London, 1967, pp.XX-XX), e che per l'appunto presenta una costante adozione del taglio in sezione dei monumenti secondo le stesse modalità di astrazione adottate nel presente dipinto. Nella sua lunga disamina del rapporto tra l'opera e le incisioni Ryley Marshall sottolinea come Codazzi, pur tenendo conto delle fonti a stampa, abbia descritto molto più precisamente numerosi elementi del Pantheon, producendo tra l'altro l'unica dettagliata rappresentazione seicentesca del portico, e dando precisamente conto di uno dei due campanili aggiunti da Carlo Maderno (1626-27) nell'ambito delle trasformazioni apportate al monumento dal 1625 al 1632 su committenza di Urbano VII. Nonostante sia impossibile definirne l'approssimazione, è plausibile che il gruppo di edifici sulla sinistra del dipinto rappresenti esattamente la situazione di quel lato della Piazza della Rotonda negli anni in cui Codazzi ha eseguito il dipinto, divenendo in tal caso un raro documento dell'assetto della piazza alla metà del Seicento.
Il contributo di Michelangelo Cerquozzi al presente dipinto è non meno significativo. La figura di orientale a destra in primo piano è una versione ribaltata della figura presente nelle 'Terme femminili' in Collezione Incisa della Rocchetta (cfr. D. Ryley Marshall, op. cit. VC 107, pp-. 223-224), mentre in generale la disposizione dei gruppi di figure riporta all'impianto delle opere napoletane di Codazzi, ma con una minore densità di aggregazione rispetto ad altri esempi di collaborazione con Cerquozzi.
Non è casuale che il dipinto sia appartenuto ad uno dei più eminenti architetti della tendenza neoclassica, Giacomo Quarenghi, per il quale esso può aver costituito al tempo stesso una esatta restituzione dei volumi e dei particolari costruttivi del Pantheon ed uno straordinario saggio di interpretazione preromantica del monumento. In tal senso l'opera esprime l'affiorare, già in Viviano Codazzi, di quella "concezione rigorosamente strutturale e prospettica" della veduta (G. Briganti - L. Laureati - L. Trezzani, op, cit., p.658) che troverà i suoi più importanti esponenti solo nel XVIII secolo, in Bellotto e Canaletto.
Il contributo di Michelangelo Cerquozzi al presente dipinto è non meno significativo. La figura di orientale a destra in primo piano è una versione ribaltata della figura presente nelle 'Terme femminili' in Collezione Incisa della Rocchetta (cfr. D. Ryley Marshall, op. cit. VC 107, pp-. 223-224), mentre in generale la disposizione dei gruppi di figure riporta all'impianto delle opere napoletane di Codazzi, ma con una minore densità di aggregazione rispetto ad altri esempi di collaborazione con Cerquozzi.
Non è casuale che il dipinto sia appartenuto ad uno dei più eminenti architetti della tendenza neoclassica, Giacomo Quarenghi, per il quale esso può aver costituito al tempo stesso una esatta restituzione dei volumi e dei particolari costruttivi del Pantheon ed uno straordinario saggio di interpretazione preromantica del monumento. In tal senso l'opera esprime l'affiorare, già in Viviano Codazzi, di quella "concezione rigorosamente strutturale e prospettica" della veduta (G. Briganti - L. Laureati - L. Trezzani, op, cit., p.658) che troverà i suoi più importanti esponenti solo nel XVIII secolo, in Bellotto e Canaletto.