Lot Essay
Siamo grati al Signor Everett Fahy, che da fotografie a colori e in bianco e nero ci ha cortesemente confermato l'attribuzione ad Alvise Vivarini per il presente dipinto, e ci ha precisato che a suo avviso - data la sua elevata qualità esecutiva - esso va considerato il prototipo per l'opera quasi identica di Jacopo da Valenza a Venezia, Museo Correr. Fahy ci precisa poi che Alvise ripeté lo schema compositivo del dipinto qui offerto anche nella 'Madonna' a figura intera col Bambino dormiente a Venezia, San Giovanni in Bragora, e che lo stesso schema compositivo fu impiegato in un'altra versione conservata a Bergamo, Accademia Carrara, ed ascritta ad Antonio Rosso da Cadore. Fahy ritiene inoltre che il dipinto qui offerto sia databile intorno al 1480, al tempo della pala d'altare della chiesa di San Francesco a Treviso, oggi a Venezia, Gallerie dell'Accademia. Egli ci rammenta che già Roberto Longhi (cfr. R. Longhi, Ritorni e progressi su Alvise, in 'Paragone', n. 229, Marzo 1969, p. 41), indicava in Alvise Vivarini l'autore del paesaggio della Madonna di Jacopo da Valenza al Correr (cfr. qui supra). Ciò porta il Signor Fahy ad arguire che, dal punto di vista della composizione, il presente dipinto possa essere il prototipo di tutto il gruppo di opere qui chiamate in causa.
Alvise, figlio di Antonio e nipote di Bartolomeo, si formò nella bottega di famiglia, fiorente centro della cultura tardo-gotica veneziana. Nel polittico per il convento di Montefiorentino (ora Urbino, Palazzo Ducale), firmato e datato 1476, i prototipi di Bartolomeo, e la linearità di matrice bizantina, si coniugano con una sensibilità nuova per la solidità delle forme nello spazio. Nel corso degli anni Ottanta le figure sacre trovarono una nuova cornice nel 'paesaggio moralizzato', in concomitanza con le esperienze di Giovanni Bellini. Dell'influenza di Antonello da Messina, attivo a Venezia fra il 1475 e il 1476, è testimonianza la Vergine col Bambino in trono (1483, Barletta, Sacrestia di Sant'Andrea).
Oltre ai dipinti incompiuti per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale (distrutti nell'incendio del 1577), Alvise si cimentò nel genere del ritratto (cfr. Ritratto di gentiluomo, 1497, Londra, National Gallery) e nelle 'sacre conversazioni' di grande formato, quali quella per la chiesa di San Cristoforo di Murano e quella dei Battuti di Belluno, già a Berlino, Kaiser-Friedrich Museum (distrutte durante il secondo conflitto mondiale), fino alla monumentale pala dei Frari, del 1503, terminata, alla morte dell'artista, da Marco Basaiti.
Alvise, figlio di Antonio e nipote di Bartolomeo, si formò nella bottega di famiglia, fiorente centro della cultura tardo-gotica veneziana. Nel polittico per il convento di Montefiorentino (ora Urbino, Palazzo Ducale), firmato e datato 1476, i prototipi di Bartolomeo, e la linearità di matrice bizantina, si coniugano con una sensibilità nuova per la solidità delle forme nello spazio. Nel corso degli anni Ottanta le figure sacre trovarono una nuova cornice nel 'paesaggio moralizzato', in concomitanza con le esperienze di Giovanni Bellini. Dell'influenza di Antonello da Messina, attivo a Venezia fra il 1475 e il 1476, è testimonianza la Vergine col Bambino in trono (1483, Barletta, Sacrestia di Sant'Andrea).
Oltre ai dipinti incompiuti per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale (distrutti nell'incendio del 1577), Alvise si cimentò nel genere del ritratto (cfr. Ritratto di gentiluomo, 1497, Londra, National Gallery) e nelle 'sacre conversazioni' di grande formato, quali quella per la chiesa di San Cristoforo di Murano e quella dei Battuti di Belluno, già a Berlino, Kaiser-Friedrich Museum (distrutte durante il secondo conflitto mondiale), fino alla monumentale pala dei Frari, del 1503, terminata, alla morte dell'artista, da Marco Basaiti.