Lot Essay
La giovane donna col turbante, che confronta il testo su un libro con l'iscrizione di una lastra di pietra - non visibile dal punto di vista dello spettatore - è una Sibilla. L'antica profetessa, i cui verdetti erano considerati dalla Chiesa cattolica come profezie dell'avvento di Cristo, simboleggiava l'equivalente pagano dei profeti dell'Antico Testamento. Per oltre un trentennio tale figura ha offerto a Giovanni Francesco Barbieri, il Guercino, spunti sempre nuovi per esprimere "l'esotismo biblico, l'emotività storica e infine la strenua dolcezza cattolica" (cf. A. Emiliani, Il Guercino. Dal talento della natura al romanticismo della realtà, in AA.VV., Giovanni Francesco Barbieri, Il Guercino 1591-1666, catalogo, a cura di Sir D. Mahon, Bologna - Cento, 1991, Introduzione, p. XXXII).
Sir Denis Mahon ci ha cortesemente confermato l'autografia della presente 'Sibilla', a lui nota da tempo, e l'ha riferita agli anni 1620-1621. Tale datazione alla piena maturità del periodo giovanile del Guercino, delimitato tra il 1618 e il 1621 per la prima volta dallo stesso Mahon nel 1968, si situa tra il viaggio del pittore a Venezia e la sua convocazione a Roma da parte del papa Gregorio XV Ludovisi, e si basa su elementi sia stilistici sia compositivi.
Dopo il soggiorno veneziano, durante il quale ebbe modo di studiare i pittori veneti del Cinquecento - in particolare Tiziano - Guercino adottò nelle sue opere un vigoroso chiaroscuro, definito dalla critica anche 'macchia' guercinesca. Tale soluzione, che mostra tangenze con le novità formali introdotte da Caravaggio, nel presente dipinto modella in modo al tempo stesso morbido e naturalistico gli incarnati e rende con effetti teatrali i tessuti della veste della profetessa, ed è osservabile in tutte le opere coeve di Guercino, come ad esempio l' 'Erminia ritrova Tancredi ferito' (Roma, Galleria Doria Pamphilj), la 'Vestizione di San Guglielmo d'Aquitania' (Bologna, Pinacoteca Nazionale), e il 'Ritorno del figliuol prodigo' (Vienna, Kunsthistorisches Museum).
I dipinti giovanili di Guercino mostrano poi una frequente concentrazione delle forme entro lo spazio del quadro. Gli effetti luministici già descritti e l'assemblaggio delle composizioni, spesso ideate ponendo "l'enfasi sulla diagonale e la curva in contrasto con il rettangolo della tela", "non permettono mai alle forme di diventare statiche", sicché 'la pesantezza è evitata' [cf. A. Emiliani, in Giovanni Francesco Barbieri, il Guercino (1591-1666), catalogo, Genova, 1991, p. 120]. Tale concentrazione, in combinazione con le dimensioni ridotte e pressoché quadrate della tela, si riscontra ad esempio nel 'Compianto sul Cristo morto' (Londra, National Gallery, cm 36x44); nella 'Sibilla' (Londra, coll. Sir D. Mahon, cm 72,7x61,7); nell''Et in Arcadia ego' (Roma, Galleria Nazionale, Palazzo Corsini, cm 82x91); e nel 'San Francesco' (Montpellier, Musée Fabre, cm 61x51). Le dimensioni ridotte e la compattezza compositiva caratterizzano anche l'assetto originario del presente dipinto.
Un'altra opera della fase finale del giovane Guercino, 'Il San Sebastiano soccorso' (già a Roma, Christie's, 15-X-1970, Villa Miani, lotto 82, venduto allo Stato Italiano per la Pinacoteca Nazionale di Bologna) presenta - oltre all'uso del chiaroscuro tonante e alla concentrazione delle figure nello spazio - un ulteriore elemento in comune con la presente 'Sibilla': la committenza di Giacomo Serra (1570-1623). Discendente da una famiglia patrizia genovese, Serra fu Monsignore e Tesoriere del Vaticano fino al 17 agosto 1611, quando gli fu conferita la porpora cardinalizia. Dal 1615 fino alla sua morte (1623) Serra fu Cardinale Legato dello Stato della Chiesa a Ferrara. Già a Roma il Cardinale Serra si era attivamente interessato a quella che si potrebbe definire l'avanguardia pittorica dell'epoca, svolgendo un ruolo importante nella commissione a Rubens dei dipinti per Santa Maria in Vallicella, la Chiesa Nuova di San Filippo Neri. Durante la sua permanenza in terra estense Serra conobbe Guercino, al tempo giovane pittore di Cento, città che rientrava nella sua giurisdizione. Serra diventò un tale estimatore dell'arte di Guercino da chiamarlo a Ferrara per alcuni mesi, tra il 1619 e il 1620, commissionandogli vari dipinti sia per la chiesa che per uso privato, e lo apprezzò al punto di attribuirgli nel 1620 l'onorificenza di Cavaliere dello Speron d'oro (cf. D. Mahon, Guercino and Cardinal Serra, in 'Apollo', settembre 1981, pp. 170-175). Proprio nel periodo di più intenso contatto con Serra Guercino visse il suo cosiddetto 'Annus Mirabilis', il 1620, in cui secondo la critica realizzò alcune delle prove più intense della sua intera produzione pittorica, tra le quali il già menzionato 'San Sebastiano soccorso', commissionatogli dal Cardinal Serra nel 1619. Eseguito a Ferrara, il 'San Sebastiano' transitò a Napoli attraverso la discendenza familiare di un nipote del Cardinale e fu posseduto dalla famiglia Caracciolo-Carafa. Un passaggio simile è stato ipotizzato da Piero Boccardo per la 'Sibilla' qui offerta. Anche se non menzionata dal Malvasia, la 'Sibilla' è stata ipoteticamente collegata dal Boccardo alla committenza di un nipote di Serra "che si dilettava di disegni" (cf. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna, 1678, II, p. 364), identificato dallo studioso con Pietro Maria Gentile. Gentile era noto a Genova per le sue imprese militari durante la guerra del 1625, quando soccorse la sua patria invasa dall'esercito del Duca Carlo Emanuele I di Savoia (cf. P. Boccardo, Un avveduto collezionista di pittura del Seicento: Pietro Maria Gentile. Un inventario, un Reni inedito e alcune precisazioni su altre opere e sull'esito di una quadreria genovese, in AA.VV., Studi di storia dell'arte in onore di Denis Mahon, a cura di M.G. Bernardini, S. Danesi Squarzina e C. Strinati, Milano, 2000, p. 205).
Prima dell'acquisto da parte del marchese Agostino Adorno (1811), la 'Sibilla' fece parte della quadreria di Pietro Maria III Gentile, omonimo trisnipote di Pier Maria I, dove è documentata dal Ratti nel 1780, e poi in un inventario del 1811, probabilmente redatto dopo la morte di Pier Maria III. In tale inventario, impiegato in occasione della vendita della pregevole raccolta, le attribuzioni furono formulate da Tagliafichi, pittore genovese e mediatore nella vendita. Le dimensioni della 'Sibilla' sono fornite in palmi genovesi (un palmo è pari a circa cm 25) e la stima in lire genovesi. La 'Sibilla' viene così descritta:
"Detto del Guercino rappresentante una Sibilla', 'Altezza 6 [palmi]', 'Larghezza 4 1/2 [palmi]' e 'estimo 600 [lire genovesi]' (cf. P. Boccardo, op.cit., 2000, p. 209).
Le dimensioni corrispondono grosso modo a quelle della tela nel suo stato attuale (fig.1). Boccardo (op.cit., 2000, p. 211, nota 34) ritiene che nel palazzo Gentile molti quadri furono ampliati allo scopo di creare uno schema simmetrico di arredo per le pareti della residenza, secondo una pratica all'epoca non rara nelle principali dimore di Genova. Evidentemente, in occasione dell'ampliamento della tela, il significato iconografico della lastra di pietra fu smarrito: la lastra fu completata in modo da trasformarla in un cavalletto da pittura.
Anche se le dinamiche della formazione della collezione Gentile rimangono incerte, Boccardo ha rilevato lo spiccato interesse per l'arte emiliana nella collezione di Pietro Maria Gentile III, riconducendolo ai gusti del suo antenato Pier Maria I Gentile, nipote acquisito di Giacomo Serra a seguito del matrimonio con Maddalena Pallavicino, figlia di Nicolò Pallavicino e Maria Serra, sorella del Cardinale (cf. P. Boccardo, Genova e Guercino: committenti e collezionisti genovesi di pittura emiliana nel Seicento, in Genova e Guercino, Genova 1992, p. 18, 21-22). Al momento non sussistono documenti che attestino la commissione della 'Sibilla' di Guercino da parte di Pietro Maria I. In ogni caso il dipinto resta eccellente testimonianza del gusto 'esterofilo' di una famiglia genovese che, coerentemente con i gusti del suo illustre parente Giacomo Serra, seppe guardare oltre l'ambito locale, e, senza adagiarsi su pregiudizi culturali di tendenza classicista, scelse per la sua quadreria un'opera di ispirazione caravaggesca del giovane pittore di Cento.
Siamo grati al Dottor Piero Boccardo e a Sir Denis Mahon per l'assistenza fornita nella catalogazione del presente lotto.
L'opera è stata richiesta in prestito dal Comune di Genova per la mostra L'Età di Rubens, dimore, committenti e collezionisti genovesi, in programma a Genova, Palazzo Ducale, dal 20 marzo all'11 luglio 2004.
Il dipinto è soggetto a notifica da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Sir Denis Mahon ci ha cortesemente confermato l'autografia della presente 'Sibilla', a lui nota da tempo, e l'ha riferita agli anni 1620-1621. Tale datazione alla piena maturità del periodo giovanile del Guercino, delimitato tra il 1618 e il 1621 per la prima volta dallo stesso Mahon nel 1968, si situa tra il viaggio del pittore a Venezia e la sua convocazione a Roma da parte del papa Gregorio XV Ludovisi, e si basa su elementi sia stilistici sia compositivi.
Dopo il soggiorno veneziano, durante il quale ebbe modo di studiare i pittori veneti del Cinquecento - in particolare Tiziano - Guercino adottò nelle sue opere un vigoroso chiaroscuro, definito dalla critica anche 'macchia' guercinesca. Tale soluzione, che mostra tangenze con le novità formali introdotte da Caravaggio, nel presente dipinto modella in modo al tempo stesso morbido e naturalistico gli incarnati e rende con effetti teatrali i tessuti della veste della profetessa, ed è osservabile in tutte le opere coeve di Guercino, come ad esempio l' 'Erminia ritrova Tancredi ferito' (Roma, Galleria Doria Pamphilj), la 'Vestizione di San Guglielmo d'Aquitania' (Bologna, Pinacoteca Nazionale), e il 'Ritorno del figliuol prodigo' (Vienna, Kunsthistorisches Museum).
I dipinti giovanili di Guercino mostrano poi una frequente concentrazione delle forme entro lo spazio del quadro. Gli effetti luministici già descritti e l'assemblaggio delle composizioni, spesso ideate ponendo "l'enfasi sulla diagonale e la curva in contrasto con il rettangolo della tela", "non permettono mai alle forme di diventare statiche", sicché 'la pesantezza è evitata' [cf. A. Emiliani, in Giovanni Francesco Barbieri, il Guercino (1591-1666), catalogo, Genova, 1991, p. 120]. Tale concentrazione, in combinazione con le dimensioni ridotte e pressoché quadrate della tela, si riscontra ad esempio nel 'Compianto sul Cristo morto' (Londra, National Gallery, cm 36x44); nella 'Sibilla' (Londra, coll. Sir D. Mahon, cm 72,7x61,7); nell''Et in Arcadia ego' (Roma, Galleria Nazionale, Palazzo Corsini, cm 82x91); e nel 'San Francesco' (Montpellier, Musée Fabre, cm 61x51). Le dimensioni ridotte e la compattezza compositiva caratterizzano anche l'assetto originario del presente dipinto.
Un'altra opera della fase finale del giovane Guercino, 'Il San Sebastiano soccorso' (già a Roma, Christie's, 15-X-1970, Villa Miani, lotto 82, venduto allo Stato Italiano per la Pinacoteca Nazionale di Bologna) presenta - oltre all'uso del chiaroscuro tonante e alla concentrazione delle figure nello spazio - un ulteriore elemento in comune con la presente 'Sibilla': la committenza di Giacomo Serra (1570-1623). Discendente da una famiglia patrizia genovese, Serra fu Monsignore e Tesoriere del Vaticano fino al 17 agosto 1611, quando gli fu conferita la porpora cardinalizia. Dal 1615 fino alla sua morte (1623) Serra fu Cardinale Legato dello Stato della Chiesa a Ferrara. Già a Roma il Cardinale Serra si era attivamente interessato a quella che si potrebbe definire l'avanguardia pittorica dell'epoca, svolgendo un ruolo importante nella commissione a Rubens dei dipinti per Santa Maria in Vallicella, la Chiesa Nuova di San Filippo Neri. Durante la sua permanenza in terra estense Serra conobbe Guercino, al tempo giovane pittore di Cento, città che rientrava nella sua giurisdizione. Serra diventò un tale estimatore dell'arte di Guercino da chiamarlo a Ferrara per alcuni mesi, tra il 1619 e il 1620, commissionandogli vari dipinti sia per la chiesa che per uso privato, e lo apprezzò al punto di attribuirgli nel 1620 l'onorificenza di Cavaliere dello Speron d'oro (cf. D. Mahon, Guercino and Cardinal Serra, in 'Apollo', settembre 1981, pp. 170-175). Proprio nel periodo di più intenso contatto con Serra Guercino visse il suo cosiddetto 'Annus Mirabilis', il 1620, in cui secondo la critica realizzò alcune delle prove più intense della sua intera produzione pittorica, tra le quali il già menzionato 'San Sebastiano soccorso', commissionatogli dal Cardinal Serra nel 1619. Eseguito a Ferrara, il 'San Sebastiano' transitò a Napoli attraverso la discendenza familiare di un nipote del Cardinale e fu posseduto dalla famiglia Caracciolo-Carafa. Un passaggio simile è stato ipotizzato da Piero Boccardo per la 'Sibilla' qui offerta. Anche se non menzionata dal Malvasia, la 'Sibilla' è stata ipoteticamente collegata dal Boccardo alla committenza di un nipote di Serra "che si dilettava di disegni" (cf. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna, 1678, II, p. 364), identificato dallo studioso con Pietro Maria Gentile. Gentile era noto a Genova per le sue imprese militari durante la guerra del 1625, quando soccorse la sua patria invasa dall'esercito del Duca Carlo Emanuele I di Savoia (cf. P. Boccardo, Un avveduto collezionista di pittura del Seicento: Pietro Maria Gentile. Un inventario, un Reni inedito e alcune precisazioni su altre opere e sull'esito di una quadreria genovese, in AA.VV., Studi di storia dell'arte in onore di Denis Mahon, a cura di M.G. Bernardini, S. Danesi Squarzina e C. Strinati, Milano, 2000, p. 205).
Prima dell'acquisto da parte del marchese Agostino Adorno (1811), la 'Sibilla' fece parte della quadreria di Pietro Maria III Gentile, omonimo trisnipote di Pier Maria I, dove è documentata dal Ratti nel 1780, e poi in un inventario del 1811, probabilmente redatto dopo la morte di Pier Maria III. In tale inventario, impiegato in occasione della vendita della pregevole raccolta, le attribuzioni furono formulate da Tagliafichi, pittore genovese e mediatore nella vendita. Le dimensioni della 'Sibilla' sono fornite in palmi genovesi (un palmo è pari a circa cm 25) e la stima in lire genovesi. La 'Sibilla' viene così descritta:
"Detto del Guercino rappresentante una Sibilla', 'Altezza 6 [palmi]', 'Larghezza 4 1/2 [palmi]' e 'estimo 600 [lire genovesi]' (cf. P. Boccardo, op.cit., 2000, p. 209).
Le dimensioni corrispondono grosso modo a quelle della tela nel suo stato attuale (fig.1). Boccardo (op.cit., 2000, p. 211, nota 34) ritiene che nel palazzo Gentile molti quadri furono ampliati allo scopo di creare uno schema simmetrico di arredo per le pareti della residenza, secondo una pratica all'epoca non rara nelle principali dimore di Genova. Evidentemente, in occasione dell'ampliamento della tela, il significato iconografico della lastra di pietra fu smarrito: la lastra fu completata in modo da trasformarla in un cavalletto da pittura.
Anche se le dinamiche della formazione della collezione Gentile rimangono incerte, Boccardo ha rilevato lo spiccato interesse per l'arte emiliana nella collezione di Pietro Maria Gentile III, riconducendolo ai gusti del suo antenato Pier Maria I Gentile, nipote acquisito di Giacomo Serra a seguito del matrimonio con Maddalena Pallavicino, figlia di Nicolò Pallavicino e Maria Serra, sorella del Cardinale (cf. P. Boccardo, Genova e Guercino: committenti e collezionisti genovesi di pittura emiliana nel Seicento, in Genova e Guercino, Genova 1992, p. 18, 21-22). Al momento non sussistono documenti che attestino la commissione della 'Sibilla' di Guercino da parte di Pietro Maria I. In ogni caso il dipinto resta eccellente testimonianza del gusto 'esterofilo' di una famiglia genovese che, coerentemente con i gusti del suo illustre parente Giacomo Serra, seppe guardare oltre l'ambito locale, e, senza adagiarsi su pregiudizi culturali di tendenza classicista, scelse per la sua quadreria un'opera di ispirazione caravaggesca del giovane pittore di Cento.
Siamo grati al Dottor Piero Boccardo e a Sir Denis Mahon per l'assistenza fornita nella catalogazione del presente lotto.
L'opera è stata richiesta in prestito dal Comune di Genova per la mostra L'Età di Rubens, dimore, committenti e collezionisti genovesi, in programma a Genova, Palazzo Ducale, dal 20 marzo all'11 luglio 2004.
Il dipinto è soggetto a notifica da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.