Lot Essay
Del presente dipinto, che per quanto è dato verificare nella letteratura corrente è inedito, non sono note altre versioni o copie di bottega. Il taglio concentrato della scena limita la composizione quasi alla sola figura del Cristo risorto, colto nell'atto di uscire dal sepolcro, e a tre soldati dormienti - quello in primo piano, in armatura, avvolto in un mantello rosso cupo, e altri due in secondo piano, i cui corpi quasi gli ostacolano il passo - in uno scarno paesaggio all'alba. La gamma cromatica ribassata dipinta, impiegata soprattutto nelle due figure dei soldati a sinistra, è interrotta dal bianco argenteo e dai vigorosi contrasti chiaroscurali del busto del Cristo e dalla sua sindone, e più in alto dalla bandiera che egli reca nella mano destra.
La posizione del Cristo, che si bilancia con la mano sinistra mentre inclina il busto in avanti per sorreggersi all'asta della bandiera, consente a Preti di stagliare il braccio teso sullo sfondo scuro dei corpi dei due soldati dormienti a sinistra, evocando la sua vigorosa educazione caravaggesca. Le soluzioni formali impiegate nel dipinto lo accostano alla produzione di Preti della metà del sesto decennio del Seicento, negli anni del suo lungo soggiorno a Napoli (1653-1660), o al più tardi agli inizi della sua permanenza a Malta. I contorni delle figure piuttosto netti e l'uso di potenti effetti chiaroscurali rinviano al 'San Sebastiano' a Napoli, Museo di Capodimonte, con il quale il presente dipinto condivide "quell'insieme di tonalità grigio argentee tipiche degli anni centrali dell'attività napoletana del maestro" (cf. M. Utili in Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta, catalogo, Napoli, 1999, p. 148), mentre la precisa definizione dei dettagli anatomici del Cristo spinge a confronti con opere di vasto respiro come il 'Ritorno del figliol prodigo' a Napoli, Palazzo Reale (cf. M. Utili, cit., p. 151).
John T. Spike, discutendo delle figure singole di santi e delle scene di martirio del periodo napoletano di Preti, ha affermato che "È talvolta difficile datare [i dipinti di questa fase] più precisamente che alla decade 1655-1665, in particolare per le figure singole". "Per quanto vigoroso e realistico fosse Ribera nel rappresentare questi eventi cruenti, Preti riusciva ad usare degli impressionanti contrasti di luce per dare all'intera composizione un'animazione visiva. La tinta grigiastra della carne e il flusso di luce, che sembra raccogliersi in pozze di colore, sono innovazioni già osservate in Lanfranco il quale, fra il 1643 e il 1646, aveva eseguito importanti cicli di affreschi per alcune delle maggiori chiese di Napoli" (cf. J.T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Firenze, 1999, pp. 17-18).
Siamo grati al Professor John T. Spike che, sulla base di fotografie in bianco e nero e a colori, ci ha confermato l'attribuzione del presente dipinto a Mattia Preti, riferendo l'opera al periodo maltese del pittore e proponendo una datazione intorno al 1670.
La posizione del Cristo, che si bilancia con la mano sinistra mentre inclina il busto in avanti per sorreggersi all'asta della bandiera, consente a Preti di stagliare il braccio teso sullo sfondo scuro dei corpi dei due soldati dormienti a sinistra, evocando la sua vigorosa educazione caravaggesca. Le soluzioni formali impiegate nel dipinto lo accostano alla produzione di Preti della metà del sesto decennio del Seicento, negli anni del suo lungo soggiorno a Napoli (1653-1660), o al più tardi agli inizi della sua permanenza a Malta. I contorni delle figure piuttosto netti e l'uso di potenti effetti chiaroscurali rinviano al 'San Sebastiano' a Napoli, Museo di Capodimonte, con il quale il presente dipinto condivide "quell'insieme di tonalità grigio argentee tipiche degli anni centrali dell'attività napoletana del maestro" (cf. M. Utili in Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta, catalogo, Napoli, 1999, p. 148), mentre la precisa definizione dei dettagli anatomici del Cristo spinge a confronti con opere di vasto respiro come il 'Ritorno del figliol prodigo' a Napoli, Palazzo Reale (cf. M. Utili, cit., p. 151).
John T. Spike, discutendo delle figure singole di santi e delle scene di martirio del periodo napoletano di Preti, ha affermato che "È talvolta difficile datare [i dipinti di questa fase] più precisamente che alla decade 1655-1665, in particolare per le figure singole". "Per quanto vigoroso e realistico fosse Ribera nel rappresentare questi eventi cruenti, Preti riusciva ad usare degli impressionanti contrasti di luce per dare all'intera composizione un'animazione visiva. La tinta grigiastra della carne e il flusso di luce, che sembra raccogliersi in pozze di colore, sono innovazioni già osservate in Lanfranco il quale, fra il 1643 e il 1646, aveva eseguito importanti cicli di affreschi per alcune delle maggiori chiese di Napoli" (cf. J.T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Firenze, 1999, pp. 17-18).
Siamo grati al Professor John T. Spike che, sulla base di fotografie in bianco e nero e a colori, ci ha confermato l'attribuzione del presente dipinto a Mattia Preti, riferendo l'opera al periodo maltese del pittore e proponendo una datazione intorno al 1670.