Lot Essay
Nel catalogo generale a cura di Germano Celant questo Achrome è datato intorno al 1960. Sia la provenienza dalla Galleria Prisma di Milano, presso la quale Bonalumi, Manzoni e Castellani tennero una mostra nel 1959, sia lo strato piuttosto sottile di caolino che copre la tela e che la differenzia da quelle eseguite negli anni Sessanta, potrebbero tuttavia consentire di anticipare leggermente la datazione dell'opera. Se questa ipotesi è giusta, si tratterebbe quindi di uno dei primissimi Achrome in cui Manzoni abbandona l'impiego del gesso e passa all'uso del caolino.
Alla luce delle concezioni teoriche espresse più volte dallo stesso Manzoni, non è difficile capire per quale ragione egli abbia prediletto l'impiego del caolino. Ciò consentiva di ridurre al minimo l'intervento manuale dell'artista. Il caolino copre infatti la tela di uno strato chiaro e uniforme senza che sia possibile individuare l'andamento delle pennelate. Secondo Manzoni l'opera d'arte non è il frutto di una ricerca formale, di un accordo più o meno riuscito di colori, ma è uno spazio da lasciare privo di qualsiasi intervento personale, una "libera dimensione, uno spazio totale". Questa concezione è espressa con grande rigore concettuale in un testo pubblicato sulla rivista Azimut nel 1960: "Io non riesco a capire i pittori che, pur dicendosi interessati ai problemi moderni, si pongono a tutt'oggi di fronte al quadro come se questo fosse una superficie da riempire di colori e di forme, secondo un gusto più o meno apprezzabile. Una superficie di illimitate possibilità è ora ridotta ad una specie di recipiente in cui sono forzati e compressi colori innaturali, significati artificiali. Perche' invece non vuotare questo recipiente? Perche' non liberare questa superficie? perchè non cercare di scoprire il significato illimitato di uno spazio totale, di una luce pura e assoluta." E ancora "non si tratta di dipingere "blu nel blu" o bianco su bianco; esattamente il contrario; la questione per me è dare una superficie integralmente bianca (anzi integralmente incolore, neutra) al di fuori di ogni fenomeno pittorico, una superficie bianca che è una superficie bianca e basta."
Alla luce delle concezioni teoriche espresse più volte dallo stesso Manzoni, non è difficile capire per quale ragione egli abbia prediletto l'impiego del caolino. Ciò consentiva di ridurre al minimo l'intervento manuale dell'artista. Il caolino copre infatti la tela di uno strato chiaro e uniforme senza che sia possibile individuare l'andamento delle pennelate. Secondo Manzoni l'opera d'arte non è il frutto di una ricerca formale, di un accordo più o meno riuscito di colori, ma è uno spazio da lasciare privo di qualsiasi intervento personale, una "libera dimensione, uno spazio totale". Questa concezione è espressa con grande rigore concettuale in un testo pubblicato sulla rivista Azimut nel 1960: "Io non riesco a capire i pittori che, pur dicendosi interessati ai problemi moderni, si pongono a tutt'oggi di fronte al quadro come se questo fosse una superficie da riempire di colori e di forme, secondo un gusto più o meno apprezzabile. Una superficie di illimitate possibilità è ora ridotta ad una specie di recipiente in cui sono forzati e compressi colori innaturali, significati artificiali. Perche' invece non vuotare questo recipiente? Perche' non liberare questa superficie? perchè non cercare di scoprire il significato illimitato di uno spazio totale, di una luce pura e assoluta." E ancora "non si tratta di dipingere "blu nel blu" o bianco su bianco; esattamente il contrario; la questione per me è dare una superficie integralmente bianca (anzi integralmente incolore, neutra) al di fuori di ogni fenomeno pittorico, una superficie bianca che è una superficie bianca e basta."