Lot Essay
Si richiama l'attenzione sul simbolo (*) e si rimanda alla pagina "Condizioni di vendita" del catalogo
Limoni, la cui identificazione con l'opera n. 3 esposta alla I Quadriennale di Roma, nel 1931, sembra probabile ma purtroppo non accertabile, si presenta tuttavia come composizione coerente al gruppo di nature morte segnate in questo anno. Il suo rimando alle Mele posate sulla "Gazzetta del Popolo", dipinte nel 1928, è chiaro benchè differenziato qui da un'ulteriore accentuazione di frontalità voluta dall'economia del taglio prospettico. I tre frutti, posti ad angolo in corrispondenza con lo spigolo estremo del tovagliolo, paiono offrirsi a un pericoloso scivolo, trattenuti soltanto dalla griglia del tessuto a righe. Ma qui l'intreccio delle linee, che ricorda quello della tovaglia di Uova sulla tavola del 1919, non è più soltanto "un partito decorativo", quanto piuttosto il tracciato architettonico di un vero e proprio castello sorretto sull'equivalenza equilibrata di tutti gli elementi formali in gioco nella struttura (dal fondo scuro ai fogli di giornale, dalla pezzuola agli agrumi). Non è lontana la professione di fede che Casorati tributa, nel febbraio 1928, all'"umile oggetto" (mela, arancia, pomodoro, pentolino), modello "docile" ed "esigente" atto a servire "le più belle e libere architetture" (il riferimento è all'articolo La crisi delle arti figurative, firmato da Casorati per "La Stampa"). L'artista colloca i suoi "tre limoni di acido verde" (Sarfatti, 1931) concedendo un po' della loro evidenza forse solo mediante il colore. Il vero soggetto dell'opera rimane la calibratissima partizione interna, esito di quel misurare "nel tramite della natura morta, le distanze in cui inserire un racconto pittorico che non sia semplice impressione o documentazione d'oggetto", secondo quanto Paolo Fossati individua precisamente come tendenza di ricerca compiuta sul genere, sin dalla fine degli anni dieci (Fossati 1989, p. 34).
(da G. Bertolino, F. Poli, Felice Casorati - Catalogo generale - I dipinti, Torino 1995, p. 534)
Limoni, la cui identificazione con l'opera n. 3 esposta alla I Quadriennale di Roma, nel 1931, sembra probabile ma purtroppo non accertabile, si presenta tuttavia come composizione coerente al gruppo di nature morte segnate in questo anno. Il suo rimando alle Mele posate sulla "Gazzetta del Popolo", dipinte nel 1928, è chiaro benchè differenziato qui da un'ulteriore accentuazione di frontalità voluta dall'economia del taglio prospettico. I tre frutti, posti ad angolo in corrispondenza con lo spigolo estremo del tovagliolo, paiono offrirsi a un pericoloso scivolo, trattenuti soltanto dalla griglia del tessuto a righe. Ma qui l'intreccio delle linee, che ricorda quello della tovaglia di Uova sulla tavola del 1919, non è più soltanto "un partito decorativo", quanto piuttosto il tracciato architettonico di un vero e proprio castello sorretto sull'equivalenza equilibrata di tutti gli elementi formali in gioco nella struttura (dal fondo scuro ai fogli di giornale, dalla pezzuola agli agrumi). Non è lontana la professione di fede che Casorati tributa, nel febbraio 1928, all'"umile oggetto" (mela, arancia, pomodoro, pentolino), modello "docile" ed "esigente" atto a servire "le più belle e libere architetture" (il riferimento è all'articolo La crisi delle arti figurative, firmato da Casorati per "La Stampa"). L'artista colloca i suoi "tre limoni di acido verde" (Sarfatti, 1931) concedendo un po' della loro evidenza forse solo mediante il colore. Il vero soggetto dell'opera rimane la calibratissima partizione interna, esito di quel misurare "nel tramite della natura morta, le distanze in cui inserire un racconto pittorico che non sia semplice impressione o documentazione d'oggetto", secondo quanto Paolo Fossati individua precisamente come tendenza di ricerca compiuta sul genere, sin dalla fine degli anni dieci (Fossati 1989, p. 34).
(da G. Bertolino, F. Poli, Felice Casorati - Catalogo generale - I dipinti, Torino 1995, p. 534)