拍品專文
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Documentata dalla fotografia archiviata nell'album personale di Felice Casorati e dalla pubblicazione sulla seconda edizione della monografia di Galvano del 1947, questa "Daphne" anticipa precisamente i contenuti e le modalità dell'impianto della celebre, e appena successiva, "Daphne a Pavarolo". come per la "Daphne" del 1933, che preparava la "Daphne con i limoni", anche in questo caso lo studio è eseguito dal vero. Lo rivela soprattutto la qualità della pennellata pastosa e compendiaria rispetto alla resa e della figura e del paesaggio. La matericità non affinita dei due studi ma soprattutto la loro immediatezza espressiva, raggiunta nell'intuizione di posa e disposizione, sono conquiste trattenute nelle redazioni maggiori. Punti alti di sviluppo che avviano gradualmente trasformazioni significative anche nella resa di un modello tanto familiare e reiterato. Importante è allora ricordare che l'artista scelse di esporre, alla Biennale del 1934, la grande "Daphne" insieme al primo e più piccolo "Ritratto" del 1933, evitando così, da un lato, di rivelare i segreti di un travaso e di una consequenzialità letterale e logica, dall'altro, fornendo tutti gli elementi per la lettura di un vero e proprio processo pittorico. Sul volto, sul corpo e sulle mani di Daphne, così come su quelli di Elvira e della madre, si depositano naturalmente i segni del tempo ma, soprattutto, trascorrono le lente modifiche dell'arte casoratiana, le impercettibili e sostanziali scoperte della sua visione.
(da G. Bertolino, F. Poli, Felice Casorati - Catalogo Generale - I dipinti, Torino 1995, p 347)
Documentata dalla fotografia archiviata nell'album personale di Felice Casorati e dalla pubblicazione sulla seconda edizione della monografia di Galvano del 1947, questa "Daphne" anticipa precisamente i contenuti e le modalità dell'impianto della celebre, e appena successiva, "Daphne a Pavarolo". come per la "Daphne" del 1933, che preparava la "Daphne con i limoni", anche in questo caso lo studio è eseguito dal vero. Lo rivela soprattutto la qualità della pennellata pastosa e compendiaria rispetto alla resa e della figura e del paesaggio. La matericità non affinita dei due studi ma soprattutto la loro immediatezza espressiva, raggiunta nell'intuizione di posa e disposizione, sono conquiste trattenute nelle redazioni maggiori. Punti alti di sviluppo che avviano gradualmente trasformazioni significative anche nella resa di un modello tanto familiare e reiterato. Importante è allora ricordare che l'artista scelse di esporre, alla Biennale del 1934, la grande "Daphne" insieme al primo e più piccolo "Ritratto" del 1933, evitando così, da un lato, di rivelare i segreti di un travaso e di una consequenzialità letterale e logica, dall'altro, fornendo tutti gli elementi per la lettura di un vero e proprio processo pittorico. Sul volto, sul corpo e sulle mani di Daphne, così come su quelli di Elvira e della madre, si depositano naturalmente i segni del tempo ma, soprattutto, trascorrono le lente modifiche dell'arte casoratiana, le impercettibili e sostanziali scoperte della sua visione.
(da G. Bertolino, F. Poli, Felice Casorati - Catalogo Generale - I dipinti, Torino 1995, p 347)