Giuseppe Capogrossi (1900-1972)
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's… Read more
Giuseppe Capogrossi (1900-1972)

Superficie 196

Details
Giuseppe Capogrossi (1900-1972)
Superficie 196
firmato e datato Capogrossi 57 (in basso a destra)
olio su tela
cm 146,7x114,2
Eseguito nel 1957
Provenance
Galleria delle Arti, Città di Castello
Leo Castelli, New York
Galleria del Naviglio, Milano
Galleria Pace, Milano
Galleria l'Isola, Roma
ivi acquisito dall'attuale proprietario
Literature
G.C. Argan, Capogrossi, Roma, cat., n. 280 (illustrato)
Exhibited
Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Giuseppe Capogrossi, 12 dicembre 1974 - 2 febbraio 1975
Pordenone, Centro Iniziative Culturali Pordenone, Capogrossi ottobre - dicembre 1979
Special notice
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent. Where there is no symbol Christie's generally sells lots under the Margin Scheme. The final price charged to Buyer''s for each lot, is calculated in the following way: 30% of the final bid price of each lot up to and including € 20.000,00 26% of the excess of the hammer price above € 20.000,00 and up and including € 800.000,00 18,5% of the excess of the hammer price above €800.000,00

Lot Essay

Il 1949 segna una svolta nel modo di dipingere di Capogrossi: dopo i primi decenni contrassegnati da una pittura figurativa fatta di ritratti, nature morte e nudi, si affaccia prepotentemente una fase astrattista che non lo abbandonerà più.
Nascono contrasti e "calamitamenti" di segni, spesso in bianco e nero, che si ripetono algebricamente all'infinito e che mettono "in moto" le sue grandi tele.
La scelta del non-colore accentua la meditazione nella mente di chi vede e si sposa perfettamente con le tendenze optical degli anni sessanta, tutte tese ad inscenare giochi prospettici e trasmettere vibrazioni ottiche.
Le dicotomie di bianco e nero, di pieni e vuoti che evocano "spine dorsali" risultanti dallo spazio libero lasciato dalle file contrapposte dei suoi tridenti, rendono protagonista un segno che rappresenta tutto ormai.
"Avevo dieci annni e mi trovavo a Roma. Un giorno andai con mia madre in un istituto di ciechi. In una sala due bambini disegnavano. Mi avvicinai: i fogli erano pieni di piccoli segni neri, una sorta di alfabeto misterioso, ma così vibrante che, per quanto all'età non pensassi affatto all'arte, provai una profonda emozione. Sentii fin da allora che i segni non sono necessariamente l'immagine di qualcosa che si è visto, ma possono esprimere qualcosa che è dentro di noi, forse la tensione che deriva dall'essere immersi nella realtà. In quel preciso momento nacque, credo, la mia vocazione artistica; e non riuscirono a spegnerla gli studi classici che, per tradizione familiare dovetti seguire fino a prendere la laurea in diritto. Mi dedicai interamente alla pittura e fui per molti anni e con notevole successo un pittore "figurativo". Vi sono ancora molte persone che rimpiangono il mio talento perduto, mentre i più benevoli si meravigliano della mia "conversione" alla pittura astratta. Io però sono convinto di non avere sostanzialmente cambiato la mia pittura, ma di averla soltanto chiarita. Fin da principio infatti ho cercato di non contentarmi dell'apparenza della natura, ho sempre pensato che lo spazio è una realtà interna alla nostra coscienza, e mi sono proposto di definirlo.
Al principio ho usato immagini naturali, paragoni o affinità derivate dal mondo visibile; poi ho cercato di esprimere direttamente il senso dello spazio che non poteva vedere. La mia ambizione è di aiutare gli uomini a vedere quello che i loro occhi non percepiscono: la prospettiva dello spazio nel quale nascono le loro opinioni ed azioni" (Argan G. C., Capogrossi, Editalia, Roma, 1967, p. 45)