Pascoli, Giovanni (1855-1912) - Poeta-professore di lingua morta, rivoluzionario inconsapevole. Unico, grande simbolista italiano. Importantissimo ms. a.f., relativo a uno dei progetti più importanti degli ultimi anni, e cioè il melodramma Nell'Anno Mille: che avrebbe dovuto associare la vena storico-erudita dell'autore dei Canti di Re Enzio a quella esotica e velatamente sadica di Giacomo Puccini. Il progetto non andò mai in porto. Nell'archivio di Castelvecchio figurano molte carte relative alla stesura del melodramma (cfr. N. Ebani, Appunti sull'"Anno Mille" di G. Pascoli, in "Studi di filologia italiana", XXXIX [1986], PP. 239-262), ma mancava il Prologo dell'opera (conosciuto solo in abbozzo). Proprio il Prologo (didascalia: Sommità d'una torre che domina tetti di case e pinnacoli di chiesa. Più basso, di una casa accanto si vede una finestrella; di una chiesa, dietro, una guglia con una croce. In lontananza monti taglienti, su cui è la luna falcata che sta per tramontare) è oggetto del ms. presente (una p. in-8 fittamente ms., f. Castelvecchio di Barga Giovanni Pascoli, s.d.), in chiaro, intitolato ANNO M. Dramma musicale (è evidentemente una bella copia, pronta per essere inviata al compositore). Nel prologo, dovevano alternarsi le voci del Profeta, di Una madre, e del Coro di clerici vaganti [e si pensa irresistibilmente all'incipit, ancora di là da venire, di Turandot: Popolo di Pekino...]: Dormenti! a me disse il mio Dio: Tu, veglia, tu, leggi le note ne l'alte pareti, che Dio ti scriva con Syrio e Boote. Attendi, sospeso ne l'ombra, la traccia improvvisa del dito nel cielo infinito, Tu, Ombra! [... risponde il coro:] Oh!... la stella bella col suo bianco raggio guida il mio viaggio ne la notte. Mi assalì la notte per la valle nera: vidi un lume, ed era la Badia... guida un mite raggio, guida il tuo candore, stella de l'amore, stella bella! [e si pensa ancora una volta al canto lunare delle anime dei principi trapassati, nell'opera estrema di Puccini; risponde il Profeta:] (didascalia: eretto: la luna è sparita: oscurità, nella quale si stacca la croce della chiesa. Nel cielo pezzato di nuvole spiccano cinque stelle, che formano un M) Morrete! morrete! morrete! O lettera! o segno tremendo, formato di cinque comete che l'una ne l'altra si accendono... i tizzi sospesi lassù già sbraciano eterne faville... tu scrivi, o Dio... MILLE... e non più ... risplende di rosse scintille l'immobile lettera... MILLE... no: MORS. Immaginario simbolista, degno di Laforgue e Verhaeren; ma anche sopraffini echi danteschi (l'Aquila del Paradiso...). Un frammento distillatissimo, di uno dei massimi poeti italiani di ogni tempo.

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Pascoli, Giovanni (1855-1912) - Poeta-professore di lingua morta, rivoluzionario inconsapevole. Unico, grande simbolista italiano. Importantissimo ms. a.f., relativo a uno dei progetti più importanti degli ultimi anni, e cioè il melodramma Nell'Anno Mille: che avrebbe dovuto associare la vena storico-erudita dell'autore dei Canti di Re Enzio a quella esotica e velatamente sadica di Giacomo Puccini. Il progetto non andò mai in porto. Nell'archivio di Castelvecchio figurano molte carte relative alla stesura del melodramma (cfr. N. Ebani, Appunti sull'"Anno Mille" di G. Pascoli, in "Studi di filologia italiana", XXXIX [1986], PP. 239-262), ma mancava il Prologo dell'opera (conosciuto solo in abbozzo). Proprio il Prologo (didascalia: Sommità d'una torre che domina tetti di case e pinnacoli di chiesa. Più basso, di una casa accanto si vede una finestrella; di una chiesa, dietro, una guglia con una croce. In lontananza monti taglienti, su cui è la luna falcata che sta per tramontare) è oggetto del ms. presente (una p. in-8 fittamente ms., f. Castelvecchio di Barga Giovanni Pascoli, s.d.), in chiaro, intitolato ANNO M. Dramma musicale (è evidentemente una bella copia, pronta per essere inviata al compositore). Nel prologo, dovevano alternarsi le voci del Profeta, di Una madre, e del Coro di clerici vaganti [e si pensa irresistibilmente all'incipit, ancora di là da venire, di Turandot: Popolo di Pekino...]: Dormenti! a me disse il mio Dio: Tu, veglia, tu, leggi le note ne l'alte pareti, che Dio ti scriva con Syrio e Boote. Attendi, sospeso ne l'ombra, la traccia improvvisa del dito nel cielo infinito, Tu, Ombra! [... risponde il coro:] Oh!... la stella bella col suo bianco raggio guida il mio viaggio ne la notte. Mi assalì la notte per la valle nera: vidi un lume, ed era la Badia... guida un mite raggio, guida il tuo candore, stella de l'amore, stella bella! [e si pensa ancora una volta al canto lunare delle anime dei principi trapassati, nell'opera estrema di Puccini; risponde il Profeta:] (didascalia: eretto: la luna è sparita: oscurità, nella quale si stacca la croce della chiesa. Nel cielo pezzato di nuvole spiccano cinque stelle, che formano un M) Morrete! morrete! morrete! O lettera! o segno tremendo, formato di cinque comete che l'una ne l'altra si accendono... i tizzi sospesi lassù già sbraciano eterne faville... tu scrivi, o Dio... MILLE... e non più ... risplende di rosse scintille l'immobile lettera... MILLE... no: MORS. Immaginario simbolista, degno di Laforgue e Verhaeren; ma anche sopraffini echi danteschi (l'Aquila del Paradiso...). Un frammento distillatissimo, di uno dei massimi poeti italiani di ogni tempo.