Giacinto Gimignani (1611-1681)
Giacinto Gimignani (1611-1681)

Allegoria della Modestia che respinge l'Ambizione in favore della Vita contemplativa

Details
Giacinto Gimignani (1611-1681)
Allegoria della Modestia che respinge l'Ambizione in favore della Vita contemplativa
firmato 'HYACINTUS GIMIGNANUS PISTORIENSIS PIN.[XIT]. 1645'
olio su tela
cm 140x157
sul retro iscrizione: 'Legato dell'.M.mo Felice.....iosi/Lug.o 16.../GGB [?]'

Lot Essay

Il dipinto raffigura una complessa allegoria della 'Modestia che respinge l'Ambizione in favore della Vita contemplativa'. L'assemblaggio dei concetti, desunti dal famoso trattato seicentesco di immagini simboliche di Cesare Ripa, la Iconologia allude con tutta probabilità alle vicende politiche, diplomatiche e familiari del Cardinale Giulio Rospigliosi, Papa dal 1667 al 1669 con il nome di Clemente IX. Nominato da Urbano VIII Barberini Nunzio pontificio a Madrid per il triennio 1644-1646, il Cardinale Rospigliosi si distinse per le sue doti di accortezza, prudenza e modestia nella gestione dei difficili rapporti diplomatici tra il Papato e la Corte spagnola, tanto da veder rinnovato il suo incarico anche nel triennio successivo, quando divenne Papa Clemente X Pamphilj, ostile ai Barberini. E' stato credibilmente sostenuto che il dipinto costituisca un'allegoria ideata e commissionata direttamente dal Cardinale Rospigliosi come aforisma visivo delle doti di prudenza da mettere in campo durante il suo primo mandato di Nunzio pontificio a Madrid. La celebrale allegoria nasce dal clima neoumanistico e per certi aspetti antibarocco che caratterizza alcuni momenti cruciali della vita culturale romana alla metà del Seicento, ed è un tipico esempio di equivalenza visiva di 'concetti' direttamente attinti dall'esperienza filosofica e letteraria. A questo terreno d'esperienza culturale, infatti il Rospigliosi si dedicò per tutta la vita. Nato a Pistoia, egli fu legato da una lunga e profonda amicizia a quello che è il maggior pittore pistoiese del seicento, Giacinto Gimignani (1611-1681). Il dipinto in asta è firmato e datato e reca nell'angolo in basso a destra il numero d'inventario '408', probabilmente riferito al lascito Rospigliosi, dalla cui collezione si ritiene che l'opera provenga. Il dipinto sembra costituire una eccezionale testimonianza del rapporto tra il Rospigliosi e Gimignani, che alle complesse istanze culturali del committente dette una veste formale di austero ed astratto classicismo, affine per più versi agli ideali aulici di Nicolas Poussin. Ma forte è nell'opera anche il peso della grande tradizione formale del Cinquecento italiano, il cui tratto conclusivo - gli affreschi di Annibale Carracci nella galleria Farnese a Roma - fu fondamentale per la corrente del cosiddetto "classicismo barocco" romano del seicento, corrente della quale Gimignani fu esponente di un valore e un prestigio solo di recente riconosciuti dalla critica.