Maestro della Cappella Rinuccini, Matteo di Pacino o Pacini (documentato dal 1359 al 1394)
Maestro della Cappella Rinuccini, Matteo di Pacino o Pacini (documentato dal 1359 al 1394)

Cristo incorona la Vergine fra i Santi Pietro, Lucia (?), Apollonia, Paolo Apostolo, due angeli musicanti e due angeli sullo sfondo

Details
Maestro della Cappella Rinuccini, Matteo di Pacino o Pacini (documentato dal 1359 al 1394)
Cristo incorona la Vergine fra i Santi Pietro, Lucia (?), Apollonia, Paolo Apostolo, due angeli musicanti e due angeli sullo sfondo
tempera su tavola, sommità centinata
cm 64x37,7
Provenance
Già a Firenze, Collezione Volterra, fino al 1930
Literature
M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, Firenze, 1975, p. 359, e fig. 51 della sezione 'Illustrazioni comparative'

Lot Essay

L'anonimo maestro fiorentino di cultura tardo-giottesca fu battezzato 'Maestro della Cappella Rinuccini' per la ipotetica identificazione di un suo contributo agli affreschi della Cappella Rinuccini della Chiesa di Santa Croce a Firenze (1370 circa), iniziati da Giovanni da Milano. Il corpus del pittore, raggruppato sotto il nome d'intesa del 'Maestro della Cappella Rinuccini', fu ricostruito per la prima volta da Richard Offner nel 1927 (R. Offner, Studies in Florentine Painting, New York, 1927, pp. 109-126). Nel 1973 Luciano Bellosi propose di identificare l'artista con Matteo di Pacino (L. Bellosi, Due note per la pittura fiorentina del secondo Trecento, in 'Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz' XVII, 1973, pp. 179-194), proponendo confronti con il solo trittico firmato e datato dal pittore, l' 'Incoronazione della Vergine e i Santi Martino e Giovanni Battista' già a Roma, Collezione Stroganoff. Ciò avveniva mentre Boskovits ultimava il suo libro (op. cit., 1975), in cui è incluso il presente dipinto. Boskovits, che conobbe il saggio di Bellosi prima di editare il suo libro, non si è opposto a tale ipotesi di identificazione (cf M. Boskovits, op. cit., p. 202, n. 107). L'influenza delle opere di Andrea Orcagna e Jacopo di Cione, riscontrata nell'anonimo maestro fiorentino, fu anche tipica della pittura di Matteo di Pacino.
Il presente dipinto è corredato da una perizia di Federico Zeri (in copia) in cui lo studioso, nel confermare l'attribuzione a Matteo di Pacino, lo data verso 1377-1380 e ne rimarca il legame stilistico con i modi di Jacopo di Cione. Zeri scrive che è "un notevole dipinto, che si presenta in buon stato di conservazione" e lo considera un'"opera molto attraente" "anche per la vivace gamma cromatica".