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Details
ALBUM FOTOGRAFICO DELLA NOSTRA GUERRA. Straordinario archivio raccolto dal Capitano di artiglieria Arminio Enrichi durante la Grande Guerra: sui fronti alpino e carnico, sull'altopiano di Asiago e sul Piave, soprattutto fra il 1916 e il 1917. Sono centinaia di fotografie raccolte, non senza gusto e tecnica, dall'artigliere (non mancano diversi autoritratti, anche a cavallo): non tanto nei combattimenti, ovviamente, quanto nelle pause (durante le quali indulge spesso a ritrarre le robuste e sorridenti adolescenti irredente - definendole bocciòli, fiorellini, ecc.). L'Album fotografico vero e proprio è diviso in quattro volumi, dei quali solo uno rilegato dall'autore (tutta tela rossa con impressioni in oro) e gli altri tre raccolti in più involti cartacei tematicamente suddivisi; si compongono di una quantità di fascicoli ognuno dei quali ospita un certo numero di cartelle che a loro volta accolgono più immagini fittamente commentate da ampie e circostanziate didascalie autografe, anche con schemi esplicativi, diagrammi e grafici. L'Enrichi (col suo germanicissimo nome, poi...) mostra infatti una non banale preparazione tecnica: che gli consente di ricostruire con attitudine professionale gli schieramenti delle truppe nelle battaglie-chiave, le principali operazioni logistiche e di rifornimento, gli spostamenti anche nella loro più minuta casistica... (cartine e mappe, ma anche tavole illustranti granate austriache e altri oggetti notevoli, sono realizzate con perizia, attentamente, didascalicamente colorate: ad acquarello e pastello; il capitano si esercita anche in ritratti e caricature a penna dei commilitoni...). Nell'ultimo "volume" (così vengono definiti dallo stesso autore i vari involti) le fotografie riesplorano i panorami familiari ritornandovi dopo l'occupazione austraiaca. Ma l'occhio del soldato non si accanisce contro ricoveri, caverne e fortificazioni nemiche: prigionieri e vittime, in campo avversario, vengono sempre massimamente rispettati.
Insomma, siamo di fronte a una straordinaria fonte documentaria; ma il tratto più originale è costituito dalla singolare voce che commenta queste immagini: come detto, più che i combattimenti e le distruzioni, l'occhio si lascia attirare dai magnifici paesaggi naturali della Carnia pittoresca - come è definita - dai mille volti di una popolazione silenziosa, assorta... e il commento è spesso improntato a un'ironia soffusa di malinconia, quasi elegiaca, non sempre proprio sapidissima ma sempre spiccatamente umana (un cavallo è descritto come l'amore del Tenente Salvati, il proiettile inserito nel grosso calibro è definito la pillola del 305, un commilitone dal profilo importante è Il sottotenente Danzetta ed il suo naso, ecc. ecc.)
Accanto all'Album fotografico è pure presente un diario vero e proprio, ordinatamente compilato e ammontante a centinaia di pagine autografe in ottavo. Anche la scrittura di Enrichi non tradisce il suo singolare carattere - contemplativo e placido. Anche nel momento più drammatico della guerra, allo sfondamento del fronte a Caporetto-Tolmino, la sua scrittura appare impertuirbabile, così come la sua fiducia che in ogni caso le cose andranno per il meglio (la sua unità è posizionata nei pressi di Doberdò): 24 ottobre 1917 - mercoledì [...] Che il nemico voglia attaccare stamane? E con questo tempo orribile, con questa pioggia torrenziale? [...] 9. L'attacco dimostrativo del nemico è stato così sventato [...] Il nostro comando non ha creduto all'esca. In questa fronte il nemico non aveva l'intenzione di sfondare. Dove avrà rivolto il suo attacco principale? Nella zona di Tolmino od in Trentino? Lo sapremo domani. Ad ogni modo Carlo I farà un buco nell'acqua. Molto più confacente alla personalità del nostro Enrichi il tono delle giornate conclusive: mercoledì sei novembre [1918] Con tutti gli ufficiali del gruppo mi reco a riconoscere a cavallo, la palazzina scelta per il comando del gruppo. E' a poco più di un chilometro dalle porte di Treviso [...] Si chiama Le Acquette; con un nome poetico, gentile e grazioso, per la dolce poesia che sussurrano le acque attorno ai suoi viali. E' un piccolo paradiso: in mezzo ad alti e folti ippocastani, o piramidali e verdissimi abeti. Aiuole ben tenute, viali netti, piante toelettate. Una modesta reggia per gli abitatori di cascinali del Piave, per gli eremiti del Carso. Gli appartamenti della villa, modernisssimi, aventi il vero conforto delle grandi città, con ricche sale, con camere addobbate con lusso ma senza sfarzo. Oh! Come saranno dolci i riposi della guerra, in questo eden incantevole! Oh! Come si potrà rimpiangere la fresca personcina di Tea e desiderare il velato e roseo mistero di Kiry! In effetti abbandonare i paraggi della guerra conclusa strappa nelle righe finali, al nostro festoso villeggiante, accenti di inconsueta, inattesa malinconia: Spira una tramontana fredda e penetrante che ci obbliga ad indossare il pastrano: ma il cielo persiste a mantenersi sereno. Dal giorno della nostra offensiva il sole ci ha sempre sorriso ed è stata la nostra fortuna. Ho scritto a Bitty. In questi giorni di grande entusiasmo, l'amore stesso è passato in seconda linea.
Bellissima scoperta questo doppio diario, scritto e fotografico: una voce fuori dal comune, attenta alle pieghe più discrete, a volte addirittura morbide, dell'evento meno delicato e "pittoresco" col quale si possa venire a contatto. L'aspetto gaio e picaresco della Grande Guerra è stato raccontato letterariamente dal solo Paolo Monelli, ma se si pensa che il titolo del suo libro, Le scarpe al sole, allude ai caduti in combattimento, si percepisce meglio un tono di sottesa mestizia alla quale invece il nostro buon Enrichi pare proprio vaccinato. Quasi un Giamburrasca della Grande Guerra.
Insomma, siamo di fronte a una straordinaria fonte documentaria; ma il tratto più originale è costituito dalla singolare voce che commenta queste immagini: come detto, più che i combattimenti e le distruzioni, l'occhio si lascia attirare dai magnifici paesaggi naturali della Carnia pittoresca - come è definita - dai mille volti di una popolazione silenziosa, assorta... e il commento è spesso improntato a un'ironia soffusa di malinconia, quasi elegiaca, non sempre proprio sapidissima ma sempre spiccatamente umana (un cavallo è descritto come l'amore del Tenente Salvati, il proiettile inserito nel grosso calibro è definito la pillola del 305, un commilitone dal profilo importante è Il sottotenente Danzetta ed il suo naso, ecc. ecc.)
Accanto all'Album fotografico è pure presente un diario vero e proprio, ordinatamente compilato e ammontante a centinaia di pagine autografe in ottavo. Anche la scrittura di Enrichi non tradisce il suo singolare carattere - contemplativo e placido. Anche nel momento più drammatico della guerra, allo sfondamento del fronte a Caporetto-Tolmino, la sua scrittura appare impertuirbabile, così come la sua fiducia che in ogni caso le cose andranno per il meglio (la sua unità è posizionata nei pressi di Doberdò): 24 ottobre 1917 - mercoledì [...] Che il nemico voglia attaccare stamane? E con questo tempo orribile, con questa pioggia torrenziale? [...] 9. L'attacco dimostrativo del nemico è stato così sventato [...] Il nostro comando non ha creduto all'esca. In questa fronte il nemico non aveva l'intenzione di sfondare. Dove avrà rivolto il suo attacco principale? Nella zona di Tolmino od in Trentino? Lo sapremo domani. Ad ogni modo Carlo I farà un buco nell'acqua. Molto più confacente alla personalità del nostro Enrichi il tono delle giornate conclusive: mercoledì sei novembre [1918] Con tutti gli ufficiali del gruppo mi reco a riconoscere a cavallo, la palazzina scelta per il comando del gruppo. E' a poco più di un chilometro dalle porte di Treviso [...] Si chiama Le Acquette; con un nome poetico, gentile e grazioso, per la dolce poesia che sussurrano le acque attorno ai suoi viali. E' un piccolo paradiso: in mezzo ad alti e folti ippocastani, o piramidali e verdissimi abeti. Aiuole ben tenute, viali netti, piante toelettate. Una modesta reggia per gli abitatori di cascinali del Piave, per gli eremiti del Carso. Gli appartamenti della villa, modernisssimi, aventi il vero conforto delle grandi città, con ricche sale, con camere addobbate con lusso ma senza sfarzo. Oh! Come saranno dolci i riposi della guerra, in questo eden incantevole! Oh! Come si potrà rimpiangere la fresca personcina di Tea e desiderare il velato e roseo mistero di Kiry! In effetti abbandonare i paraggi della guerra conclusa strappa nelle righe finali, al nostro festoso villeggiante, accenti di inconsueta, inattesa malinconia: Spira una tramontana fredda e penetrante che ci obbliga ad indossare il pastrano: ma il cielo persiste a mantenersi sereno. Dal giorno della nostra offensiva il sole ci ha sempre sorriso ed è stata la nostra fortuna. Ho scritto a Bitty. In questi giorni di grande entusiasmo, l'amore stesso è passato in seconda linea.
Bellissima scoperta questo doppio diario, scritto e fotografico: una voce fuori dal comune, attenta alle pieghe più discrete, a volte addirittura morbide, dell'evento meno delicato e "pittoresco" col quale si possa venire a contatto. L'aspetto gaio e picaresco della Grande Guerra è stato raccontato letterariamente dal solo Paolo Monelli, ma se si pensa che il titolo del suo libro, Le scarpe al sole, allude ai caduti in combattimento, si percepisce meglio un tono di sottesa mestizia alla quale invece il nostro buon Enrichi pare proprio vaccinato. Quasi un Giamburrasca della Grande Guerra.
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