拍品專文
"L'esperienza pittorica è per sua natura legata alla percezione dello spazio attraverso le sensazioni di colore (luce) e forma (disegno e composizione), che inducono nell'osservatore le caratteristiche spaziali, nonchè la fisionomia formale e cromatica dell'immagine".
Piero Dorazio, 1976
Appare per la prima volta sul mercato una rara opera di Dorazio, datata 1957, che testimonia - in grandi dimensioni e con notevoli raffinatezze formali- la tematica della pittura-luce, che caratterizzò tanta parte della miglior produzione dell'artista.
Senza re viene subito scelto da Dorazio per rappresentare la sua opera presso la storica mostra sui Pittori tedeschi ed italiani contemporanei, tenutasi nel 1958 presso la Galleria Nazionale d'arte Moderna e Contemporanea e poi transitata nello stesso anno presso lo Stadtisches Museum Scholoss Morsbroich di Leverkusen in Germania.
Dall'inizio degli anni Sessanta l'opera viene acquisita direttamente dall'artista dall'attuale collezionista, presso il quale permane per circa 50 anni.
Nella sua lunga ed inesausta carriera Dorazio appare interessato fin da subito alla superficie dipinta come campo di riflessione tecnica ed intellettuale sulla qualità della luce. Elemento questo che lo differenzia dall'arbitrio di un certo sensibilismo pittorico che caratterizza molti altri pittori francesi e italiani della generazione a lui precedente.
Il gioco dell'immagine ritmica propone una serie di combinazioni libere-regolate, il cui scopo sembra essere portare il colore-luce a comporre un'idea di spazio. Spazio che appare nelle tele degli anni Cinquanta ancora magmatico ed apparentemente "pollockiano" e che si stempererà diventando ordinato e vibrante, nelle opere degli anni Sessanta.
Sulla via dell'astrazione, una quantità di temi furono criticamente messi a fuoco da cubisti, futuristi, da Mondrian, da Malevic: come rapporto tra mimesi e composizione, quello tra oggetto e quadro, quello tra forma e immagine, ma Dorazio si pone direttamente la questione del colore che compone, in termini di trama del dipinto che diventa luce, e di luce che disegna o cancella il mondo. La sua ricerca è aperta: guarda alla tradizione del colore di Severini e Balla, guarda a Klee e Kandinsky ma al contempo all'attento Dorazi non sfuggono le possibile suggestioni che vengono da oltremare, e che rielabora in maniera totalmente autonoma ed originale.
Esplorare l'infinito campo dei rapporti dei colori - in strutture variate- senza ricorrere a canoni scolasticamente evidenziabili, ma abbandonandosi a una pratica quotidiana, come un ferreo esercizio dell'occhio, della mano, delle idee. Senza cedere al lirismo, al naturalismo, agli effetti, al mestiere. Questa è la più importante lezione che il Maestro ci ha lasciato.
Piero Dorazio, 1976
Appare per la prima volta sul mercato una rara opera di Dorazio, datata 1957, che testimonia - in grandi dimensioni e con notevoli raffinatezze formali- la tematica della pittura-luce, che caratterizzò tanta parte della miglior produzione dell'artista.
Senza re viene subito scelto da Dorazio per rappresentare la sua opera presso la storica mostra sui Pittori tedeschi ed italiani contemporanei, tenutasi nel 1958 presso la Galleria Nazionale d'arte Moderna e Contemporanea e poi transitata nello stesso anno presso lo Stadtisches Museum Scholoss Morsbroich di Leverkusen in Germania.
Dall'inizio degli anni Sessanta l'opera viene acquisita direttamente dall'artista dall'attuale collezionista, presso il quale permane per circa 50 anni.
Nella sua lunga ed inesausta carriera Dorazio appare interessato fin da subito alla superficie dipinta come campo di riflessione tecnica ed intellettuale sulla qualità della luce. Elemento questo che lo differenzia dall'arbitrio di un certo sensibilismo pittorico che caratterizza molti altri pittori francesi e italiani della generazione a lui precedente.
Il gioco dell'immagine ritmica propone una serie di combinazioni libere-regolate, il cui scopo sembra essere portare il colore-luce a comporre un'idea di spazio. Spazio che appare nelle tele degli anni Cinquanta ancora magmatico ed apparentemente "pollockiano" e che si stempererà diventando ordinato e vibrante, nelle opere degli anni Sessanta.
Sulla via dell'astrazione, una quantità di temi furono criticamente messi a fuoco da cubisti, futuristi, da Mondrian, da Malevic: come rapporto tra mimesi e composizione, quello tra oggetto e quadro, quello tra forma e immagine, ma Dorazio si pone direttamente la questione del colore che compone, in termini di trama del dipinto che diventa luce, e di luce che disegna o cancella il mondo. La sua ricerca è aperta: guarda alla tradizione del colore di Severini e Balla, guarda a Klee e Kandinsky ma al contempo all'attento Dorazi non sfuggono le possibile suggestioni che vengono da oltremare, e che rielabora in maniera totalmente autonoma ed originale.
Esplorare l'infinito campo dei rapporti dei colori - in strutture variate- senza ricorrere a canoni scolasticamente evidenziabili, ma abbandonandosi a una pratica quotidiana, come un ferreo esercizio dell'occhio, della mano, delle idee. Senza cedere al lirismo, al naturalismo, agli effetti, al mestiere. Questa è la più importante lezione che il Maestro ci ha lasciato.