Details
LUCA GIORDANO (1634-1705)
Atalanta ed Ippomene
affresco su supporto di vimini intrecciati
cm 118,5 x 169,5
PROVENIENZA:
Commissionato per la Collezione dei Medici Riccardi verso il 1682, e menzionato nell'inventario della Collezione nel 1715
BIBLIOGRAFIA:
Inventario della Collezione Riccardi (1715); F.S. Baldinucci, Vita di Luca Giordano, (manoscritto, 1713-21, Biblioteca Nazionale di Firenze); O. Ferrari - G. Scavizzi, Luca Giordano,, Napoli, 1966, II, p. 330 (considerato disperso); S. Meloni Trkulja, Luca Giordano a Firenze, in "Paragone", 1972, n. 267, pp. 34 e 71, fig. 32 e Tav. III); F. Büttner, Die Galleria Riccardiana in Florenz, Kieler Kunsthistorische Studien. 2, Frankfurt, 1972, p. 240; O. Ferrari - G. Scavizzi, Luca Giordano. L'opera completa, Napoli, 1992, p. 307
Tra il 1682-83 ed il 1685 Luca Giordano fu impegnato a Firenze in alcune tra le più importanti commissioni della sua carriera, tra cui spiccano gli affreschi della cupola della Cappella Corsini al Carmine e quelli per la Galleria di Palazzo Medici Riccardi. I rapporti del pittore con gli ambienti artistici fiorentini, iniziati certamente almeno un decennio prima, si erano via via accresciuti in forza dell'interesse dimostrato verso le sue opere da conoscitori e collezionisti come i Del Rosso, i Sanminiati e gli Andreini. Ma Giordano seppe istituire ottimi rapporti anche con gli artisti locali, avvalendosi del suo carattere gioviale e della sua disponibilità a dibattere con i suoi colleghi sulle questioni artistiche più attuali del momento. Un aspetto della tradizione artistica fiorentina, protrattosi dal manierismo fino all'età barocca, era quello della sperimentazione di tecnologie inusuali sia nel campo delle arti decorative sia in quello della pittura. Già entro il 1636 Giovanni da San Giovanni aveva sperimentato l'impiego della tecnica ad affresco su supporti inusuali nelle sei storie bibliche e classiche per le Ville di Castello e Petraia, eseguite "in forma di embrice" (tavole di cotto), e negli otto tondi di analogo tema provenienti dalle stesse residenze, eseguiti "a fresco su le paniere" (stuoie di vimini intrecciati. Per queste opere, ora agli Uffizi, e per il tondo con Venere e Amore su stuoia di giunco già a Vienna, Collezione Lanckoronsky, cf. A. Banti, Giovanni da San Giovanni, pittore della contraddizione, Firenze, 1977, pp. 40-41, 74-76, con bibliografia precedente). Presumibilmente la scelta di questi supporti inusuali era stata dettata dall'esigenza di decorare durante l'estate ambienti esterni delle ville, riponendo all'interno delle ville stesse questi affreschi mobili durante i mesi invernali, allo scopo di evitarne il deterioramento. Dalle discussioni con i suoi committenti fiorentini sulle possibilità espressive e di arredo derivanti da tale tradizione di esperimenti extravaganti, Giordano trasse lo spunto per "dedicarsi ad altre sperimentazioni, di carattere specificamente tecnico, che sicuramente accrescevano, presso i conoscitori, la sua fama di eccezionale "virtuoso" (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, p. 102). A tale fase sono pertinenti i "tondi a buon fresco su la calice" eseguiti per la Famiglia Del Rosso, due dei quali già a Firenze presso la Galleria Florentia (cf. S. Meloni Trkulja, 1972, p. 34, figg. 33-35), datati verso il 1682 (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, A333, p. 307), ed anch'essi su supporto di vimini. In tutte queste opere Giordano non sembra aver impiegato il supporto di vimini per gli stessi motivi di Giovanni da San Giovanni. Piuttosto il pittore napoletano sembra aver voluto fornire un saggio di padronanza virtuosistica di questo supporto inusuale, che nell' 'Atalanta ed Ippomene' è sviluppato in una dimensione talmente ampia da non avere al momento paragoni possibili. Per l'Atalanta ed Ippomene la Meloni Trkulja (1972, p. 34) ha proposto una datazione anteriore a quella degli affreschi della Galleria di Palazzo Medici Riccardi (iniziata nel 1682), per il fatto che "cronologicamente le connessioni sono con i dipinti del primo tempo fiorentino, come la 'Storia e il Tempo' Del Rosso [oggi a Brest, Musée des Beaux-Arts] per il particolare del concorrente riverso: potremmo crederla agevolmente una prova per l'impresa più grande che sarebbe stata affrontata di lì a poco". Anche per la figura dell'altro concorrente sfinito nell'angolo inferiore sinistro del dipinto esiste un precedente reperibile nella parte bassa della Lotta fra centauri e lapiti a San Pietroburgo, Ermitage, considerato pertinente ai primi anni fiorentini di Giordano (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, A290, p. 299, fig. a p. 624).
Nell'Atalanta ed Ippomene il sintetico ma raffinato brano paesistico si richiama alle analoghe soluzioni delle Età dell'uomo di Pietro da Cortona a Palazzo Pitti, e trova riscontro anche nei brani di paesaggio degli affreschi della navata di San Gregorio Armeno (Napoli), eseguiti da Giordano tra il 1680 ed il 1685. La Meloni Trkulja rileva che nel dipinto qui offerto la "rapida e freschissima stesura a fresco ha una felice spontaneità da età dell'oro, non inferiore ai brani più ariosi della galleria [del Palazzo Medici Riccardi]". E' dunque possibile che con l' 'Atalanta ed Ippomene' Giordano abbia voluto fornire ai Marchesi Riccardi un'anticipazione delle soluzioni di luminoso classicismo barocco poi adottate nella volta della Galleria. L'opera rappresenta percigø al livello più alto l'arte del Giordano tra il 1680 ed il 1685, al momento in cui il pittore elabora una "delicata ricomposizione di Classicismo e Barocco che si svolgeva all'insegna di una nuova validazione delle proprietà dei linguaggi espressivi [...] e nella quale s'erano già impegnati a Roma, dagli anni Settanta, ingegni veri quali il Gaulli ed il Maratta. [...] E certo doveva avere qualche fondamento di vero, pur sotto l'enfasi retorica, quanto riportava De Dominici circa i reciproci apprezzamenti di Giordano e di Maratta" (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, p. 82).
Per il dipinto la Soprintendenza per i B.A.S. di Firenze ha formulato proposta di notifica al Ministero dei Beni Culturali
Stima a richiesta
Atalanta and Hippomenes
fresco on vimini intrecciati (woven reed)
Atalanta ed Ippomene
affresco su supporto di vimini intrecciati
cm 118,5 x 169,5
PROVENIENZA:
Commissionato per la Collezione dei Medici Riccardi verso il 1682, e menzionato nell'inventario della Collezione nel 1715
BIBLIOGRAFIA:
Inventario della Collezione Riccardi (1715); F.S. Baldinucci, Vita di Luca Giordano, (manoscritto, 1713-21, Biblioteca Nazionale di Firenze); O. Ferrari - G. Scavizzi, Luca Giordano,, Napoli, 1966, II, p. 330 (considerato disperso); S. Meloni Trkulja, Luca Giordano a Firenze, in "Paragone", 1972, n. 267, pp. 34 e 71, fig. 32 e Tav. III); F. Büttner, Die Galleria Riccardiana in Florenz, Kieler Kunsthistorische Studien. 2, Frankfurt, 1972, p. 240; O. Ferrari - G. Scavizzi, Luca Giordano. L'opera completa, Napoli, 1992, p. 307
Tra il 1682-83 ed il 1685 Luca Giordano fu impegnato a Firenze in alcune tra le più importanti commissioni della sua carriera, tra cui spiccano gli affreschi della cupola della Cappella Corsini al Carmine e quelli per la Galleria di Palazzo Medici Riccardi. I rapporti del pittore con gli ambienti artistici fiorentini, iniziati certamente almeno un decennio prima, si erano via via accresciuti in forza dell'interesse dimostrato verso le sue opere da conoscitori e collezionisti come i Del Rosso, i Sanminiati e gli Andreini. Ma Giordano seppe istituire ottimi rapporti anche con gli artisti locali, avvalendosi del suo carattere gioviale e della sua disponibilità a dibattere con i suoi colleghi sulle questioni artistiche più attuali del momento. Un aspetto della tradizione artistica fiorentina, protrattosi dal manierismo fino all'età barocca, era quello della sperimentazione di tecnologie inusuali sia nel campo delle arti decorative sia in quello della pittura. Già entro il 1636 Giovanni da San Giovanni aveva sperimentato l'impiego della tecnica ad affresco su supporti inusuali nelle sei storie bibliche e classiche per le Ville di Castello e Petraia, eseguite "in forma di embrice" (tavole di cotto), e negli otto tondi di analogo tema provenienti dalle stesse residenze, eseguiti "a fresco su le paniere" (stuoie di vimini intrecciati. Per queste opere, ora agli Uffizi, e per il tondo con Venere e Amore su stuoia di giunco già a Vienna, Collezione Lanckoronsky, cf. A. Banti, Giovanni da San Giovanni, pittore della contraddizione, Firenze, 1977, pp. 40-41, 74-76, con bibliografia precedente). Presumibilmente la scelta di questi supporti inusuali era stata dettata dall'esigenza di decorare durante l'estate ambienti esterni delle ville, riponendo all'interno delle ville stesse questi affreschi mobili durante i mesi invernali, allo scopo di evitarne il deterioramento. Dalle discussioni con i suoi committenti fiorentini sulle possibilità espressive e di arredo derivanti da tale tradizione di esperimenti extravaganti, Giordano trasse lo spunto per "dedicarsi ad altre sperimentazioni, di carattere specificamente tecnico, che sicuramente accrescevano, presso i conoscitori, la sua fama di eccezionale "virtuoso" (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, p. 102). A tale fase sono pertinenti i "tondi a buon fresco su la calice" eseguiti per la Famiglia Del Rosso, due dei quali già a Firenze presso la Galleria Florentia (cf. S. Meloni Trkulja, 1972, p. 34, figg. 33-35), datati verso il 1682 (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, A333, p. 307), ed anch'essi su supporto di vimini. In tutte queste opere Giordano non sembra aver impiegato il supporto di vimini per gli stessi motivi di Giovanni da San Giovanni. Piuttosto il pittore napoletano sembra aver voluto fornire un saggio di padronanza virtuosistica di questo supporto inusuale, che nell' 'Atalanta ed Ippomene' è sviluppato in una dimensione talmente ampia da non avere al momento paragoni possibili. Per l'Atalanta ed Ippomene la Meloni Trkulja (1972, p. 34) ha proposto una datazione anteriore a quella degli affreschi della Galleria di Palazzo Medici Riccardi (iniziata nel 1682), per il fatto che "cronologicamente le connessioni sono con i dipinti del primo tempo fiorentino, come la 'Storia e il Tempo' Del Rosso [oggi a Brest, Musée des Beaux-Arts] per il particolare del concorrente riverso: potremmo crederla agevolmente una prova per l'impresa più grande che sarebbe stata affrontata di lì a poco". Anche per la figura dell'altro concorrente sfinito nell'angolo inferiore sinistro del dipinto esiste un precedente reperibile nella parte bassa della Lotta fra centauri e lapiti a San Pietroburgo, Ermitage, considerato pertinente ai primi anni fiorentini di Giordano (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, A290, p. 299, fig. a p. 624).
Nell'Atalanta ed Ippomene il sintetico ma raffinato brano paesistico si richiama alle analoghe soluzioni delle Età dell'uomo di Pietro da Cortona a Palazzo Pitti, e trova riscontro anche nei brani di paesaggio degli affreschi della navata di San Gregorio Armeno (Napoli), eseguiti da Giordano tra il 1680 ed il 1685. La Meloni Trkulja rileva che nel dipinto qui offerto la "rapida e freschissima stesura a fresco ha una felice spontaneità da età dell'oro, non inferiore ai brani più ariosi della galleria [del Palazzo Medici Riccardi]". E' dunque possibile che con l' 'Atalanta ed Ippomene' Giordano abbia voluto fornire ai Marchesi Riccardi un'anticipazione delle soluzioni di luminoso classicismo barocco poi adottate nella volta della Galleria. L'opera rappresenta percigø al livello più alto l'arte del Giordano tra il 1680 ed il 1685, al momento in cui il pittore elabora una "delicata ricomposizione di Classicismo e Barocco che si svolgeva all'insegna di una nuova validazione delle proprietà dei linguaggi espressivi [...] e nella quale s'erano già impegnati a Roma, dagli anni Settanta, ingegni veri quali il Gaulli ed il Maratta. [...] E certo doveva avere qualche fondamento di vero, pur sotto l'enfasi retorica, quanto riportava De Dominici circa i reciproci apprezzamenti di Giordano e di Maratta" (cf. O. Ferrari - G. Scavizzi, 1992, p. 82).
Per il dipinto la Soprintendenza per i B.A.S. di Firenze ha formulato proposta di notifica al Ministero dei Beni Culturali
Stima a richiesta
Atalanta and Hippomenes
fresco on vimini intrecciati (woven reed)