Lot Essay
'Burri sovvertì quella nozione di "estetica" prefabbricata per il consumatore di massa, lacerando la superficie del pannello oppure facendolo a brandelli. Ha graffiato e strappato per creare rientranze e rilievo, a volte riducendo in poltiglia le fibre esposte'. – E. Braun e C. Stringari
Dominato da compatte e intense zone grigio-nere che interagiscono con armoniose linee curve e rette, Cellotex (1992) rappresenta un esempio straordinario della serie omonima eseguita dall'artista. In quest'opera Burri, dopo aver sperimentato per primo con plastica e tela di sacco, rivisita i mezzi tradizionali della pittura, pur continuando a sondare la natura della materia. Come peraltro la serie omonima, Cellotex prende il nome – e celebra al contempo – il pannello di fibra di legno su cui dipinge: accortosi per la prima volta delle potenzialità dell'umile materiale da costruzione, spesso utilizzato per l'isolamento, quando lo usa per riparare un buco nella parete della sua casa a Roma, l’opera qui presentata ne sfrutta le caratteristiche ruvide e grezze per instaurare una relazione reciproca, tattile e complessa, tra vernice e superficie accentuando la materialità specifica dell'oggetto d'arte stesso.
Utilizzando sia vernici lucide che opache, l'artista crea sottili variazioni di texture e di colore, e lascia che le vernici scure reagiscano sia con la superficie fibrosa e ruvida del pannello che con il suo colore originale non trattato giallo sabbia. Alterando drasticamente la nostra percezione immediata delle materie utilizzate per la sua realizzazione, l'opera mette in discussione sia la natura della pittura sia quella del Cellotex. Il complesso gioco di luci e la limpidezza della linea ci invitano a prestare un'attenzione analitica alle proprietà sia della pittura e del supporto, e rendono palese come nel caso delle tele dei Sacchi, che le due componenti sono inseperabili. Cellotex combina tecnica pionieristica e creativa con il principio non-figurativo e auto-sufficiente, producendo un'opera di eleganza formale incisiva, e di autonomia materica viscerale.
‘Burri subverted this idea of prefabricated “aesthetics” for the mass consumer by rupturing the skin of the panel or shredding it. He scored and peeled to create indentation and relief, sometimes mushing up the exposed fibers.’ – E. Braun and C. Stringari
With its dominant blocks of deep, flinty grey-blacks and its graceful interplay of straight and arcing lines, Cellotex (1992) is a striking instalment of Burri’s series of paintings under the same name. Returning to traditional methods of painting in this work, after his pioneering exploration of plastic and sackcloth, Burri’s series nonetheless continues his probing investigations into the nature of material: named after the wood-fibre board on which the works are painted, the works both comprise and celebrate the Celotex itself. A humble construction material often used in insulation, Burri first realised the potential of Celotex when he used it to fix a hole in a wall in his Rome apartment – but here he exploits its roughhewn, coarse nature to build a complex textural interrelationship between paint and surface that accentuates the specific materiality of the art object itself. Using both glossy and matte paints, the artist articulates subtle variations of texture and colour, allowing his dark paints to react against both the fibrous, gritty surface of the board, and its untreated sandy yellow colour. Disrupting our immediate sense of the materials used to produce it, the work calls into question the nature of paint and the nature of Cellotex alike; as its complex play of light and clarity of line encourages us to pay a forensic attention to the properties of both his media and his support, we realise, as with his sackcloth Sacchi, that the two are inseparable. Cellotex combines groundbreaking, ingenious technique with a doctrine of non-representational self-containment, producing an work of sharp formal elegance and visceral material autonomy.
Dominato da compatte e intense zone grigio-nere che interagiscono con armoniose linee curve e rette, Cellotex (1992) rappresenta un esempio straordinario della serie omonima eseguita dall'artista. In quest'opera Burri, dopo aver sperimentato per primo con plastica e tela di sacco, rivisita i mezzi tradizionali della pittura, pur continuando a sondare la natura della materia. Come peraltro la serie omonima, Cellotex prende il nome – e celebra al contempo – il pannello di fibra di legno su cui dipinge: accortosi per la prima volta delle potenzialità dell'umile materiale da costruzione, spesso utilizzato per l'isolamento, quando lo usa per riparare un buco nella parete della sua casa a Roma, l’opera qui presentata ne sfrutta le caratteristiche ruvide e grezze per instaurare una relazione reciproca, tattile e complessa, tra vernice e superficie accentuando la materialità specifica dell'oggetto d'arte stesso.
Utilizzando sia vernici lucide che opache, l'artista crea sottili variazioni di texture e di colore, e lascia che le vernici scure reagiscano sia con la superficie fibrosa e ruvida del pannello che con il suo colore originale non trattato giallo sabbia. Alterando drasticamente la nostra percezione immediata delle materie utilizzate per la sua realizzazione, l'opera mette in discussione sia la natura della pittura sia quella del Cellotex. Il complesso gioco di luci e la limpidezza della linea ci invitano a prestare un'attenzione analitica alle proprietà sia della pittura e del supporto, e rendono palese come nel caso delle tele dei Sacchi, che le due componenti sono inseperabili. Cellotex combina tecnica pionieristica e creativa con il principio non-figurativo e auto-sufficiente, producendo un'opera di eleganza formale incisiva, e di autonomia materica viscerale.
‘Burri subverted this idea of prefabricated “aesthetics” for the mass consumer by rupturing the skin of the panel or shredding it. He scored and peeled to create indentation and relief, sometimes mushing up the exposed fibers.’ – E. Braun and C. Stringari
With its dominant blocks of deep, flinty grey-blacks and its graceful interplay of straight and arcing lines, Cellotex (1992) is a striking instalment of Burri’s series of paintings under the same name. Returning to traditional methods of painting in this work, after his pioneering exploration of plastic and sackcloth, Burri’s series nonetheless continues his probing investigations into the nature of material: named after the wood-fibre board on which the works are painted, the works both comprise and celebrate the Celotex itself. A humble construction material often used in insulation, Burri first realised the potential of Celotex when he used it to fix a hole in a wall in his Rome apartment – but here he exploits its roughhewn, coarse nature to build a complex textural interrelationship between paint and surface that accentuates the specific materiality of the art object itself. Using both glossy and matte paints, the artist articulates subtle variations of texture and colour, allowing his dark paints to react against both the fibrous, gritty surface of the board, and its untreated sandy yellow colour. Disrupting our immediate sense of the materials used to produce it, the work calls into question the nature of paint and the nature of Cellotex alike; as its complex play of light and clarity of line encourages us to pay a forensic attention to the properties of both his media and his support, we realise, as with his sackcloth Sacchi, that the two are inseparable. Cellotex combines groundbreaking, ingenious technique with a doctrine of non-representational self-containment, producing an work of sharp formal elegance and visceral material autonomy.