Lot Essay
La data di esecuzione della sigla sul presente dipinto sembra essere coeva all'opera, ma è considerata apocrifa da Schütze e Willette, presumibilmente in base alla stesura più rozza dei caratteri ed alle differenze della grafia rispetto a quella dei molti monogrammi noti sui dipinti di Stanzione.
Come proposto da Schütze (cit.), il presente dipinto si colloca nei primissimi momenti dell'attività di Massimo Stanzione, agli inizi del terzo decennio del Seicento, e secondo lo studioso fa parte di un ristretto numero di opere che dovrebbero precedere la 'Adorazione dei pastori' a Napoli, Certosa di San Martino, Capitolo dei Padri, documentata entro il 1626. Schütze accosta il presente dipinto alla 'Cena in Emmaus' di Stanzione a Roma, Palazzi Vaticani. "Se l'effetto del Divino nel dipinto vaticano si è concretizzato solo attraverso lo sguardo rivolto al cielo e la splendente luce candida sul volto di Cristo, il capo dei Santi Cosma e Damiano è sovrastato invece da un'aureola piena di luce" (p. 191). Secondo lo studioso l'opera "dimostra che lo Stanzione, malgrado il modellato naturalistico dei personaggi, anche in un dipinto del genere è legato ancora alla tradizione di un Santafede", cioè a quella sintesi di manierismo e di pittura naturalistica che caratterizza i maestri della generazione di transizione al caravaggismo a Napoli.
Sempre per Schütze (ibidem) "Non è da escludere che il dipinto bolognese sia il frammento di una composizione in cui, in passato, compariva la Madonna al di sopra dei due Santi". Questa supposizione è smentita dal fatto che durante il restauro il dipinto ha palesato l'esistenza di cimose su tutti e quattro i lati, e dunque risulta concepito come attualmente lo vediamo. Peraltro l'iconografia dei due santi medici a mezza figura, sottolineata dalla palma del martirio e dal fatto che "il Santo sulla destra ha in mano un libro con la scritta 'Galeno' ed un cofanetto che sembra contenere un preparato anatomico" (cf. S. Schütze, ibidem), è ribadita con poche varianti in una versione pressoché coeva di Battistello Caracciolo a Berlino, Gemäldegalerie. Il soggetto del presente dipinto ha spinto Schütze ad ipotizzare che "la scelta del tema e l'accurata riproduzione del preparato anatomico lasciano supporre che il committente sia stato forse un anatomista" (ibidem).
Come proposto da Schütze (cit.), il presente dipinto si colloca nei primissimi momenti dell'attività di Massimo Stanzione, agli inizi del terzo decennio del Seicento, e secondo lo studioso fa parte di un ristretto numero di opere che dovrebbero precedere la 'Adorazione dei pastori' a Napoli, Certosa di San Martino, Capitolo dei Padri, documentata entro il 1626. Schütze accosta il presente dipinto alla 'Cena in Emmaus' di Stanzione a Roma, Palazzi Vaticani. "Se l'effetto del Divino nel dipinto vaticano si è concretizzato solo attraverso lo sguardo rivolto al cielo e la splendente luce candida sul volto di Cristo, il capo dei Santi Cosma e Damiano è sovrastato invece da un'aureola piena di luce" (p. 191). Secondo lo studioso l'opera "dimostra che lo Stanzione, malgrado il modellato naturalistico dei personaggi, anche in un dipinto del genere è legato ancora alla tradizione di un Santafede", cioè a quella sintesi di manierismo e di pittura naturalistica che caratterizza i maestri della generazione di transizione al caravaggismo a Napoli.
Sempre per Schütze (ibidem) "Non è da escludere che il dipinto bolognese sia il frammento di una composizione in cui, in passato, compariva la Madonna al di sopra dei due Santi". Questa supposizione è smentita dal fatto che durante il restauro il dipinto ha palesato l'esistenza di cimose su tutti e quattro i lati, e dunque risulta concepito come attualmente lo vediamo. Peraltro l'iconografia dei due santi medici a mezza figura, sottolineata dalla palma del martirio e dal fatto che "il Santo sulla destra ha in mano un libro con la scritta 'Galeno' ed un cofanetto che sembra contenere un preparato anatomico" (cf. S. Schütze, ibidem), è ribadita con poche varianti in una versione pressoché coeva di Battistello Caracciolo a Berlino, Gemäldegalerie. Il soggetto del presente dipinto ha spinto Schütze ad ipotizzare che "la scelta del tema e l'accurata riproduzione del preparato anatomico lasciano supporre che il committente sia stato forse un anatomista" (ibidem).